Il titolo ovviamente non poteva che essere un omaggio allo storico gruppo industrial di Chicago fondato negli anni 80 da Groovie Mann e Buzz McCoy, ma in realtà quello di cui stiamo per parlare è un videogioco.
Per la precisione un videogioco mai uscito.
Chi ha sentito parlare di Thrill Kill? Era il 1997-1998 e il suo nome aveva iniziato a girare, tra gli addetti ai lavori, tra i giocatori e tra alcune riviste del settore. Thrill Kill, il gioco maledetto. Quello talmente violento ed impresentabile da far tremare le gambe al suo publisher, EA, che ne cancellò la pubblicazione a pochi mesi dalla sua uscita. E che rimase nei cassetti, per sempre.
O quasi.
Sviluppato da Paradox Software per (indovinate un po’) Midway, questo picchiaduro (decisamente) sui generis era nato con il nome di S&M (un programma) e successivamente cambiato nel più generico Thrill Kill. Il publisher avrebbe dovuto essere Virgin ma proprio in quegli anni questa fu comprata da EA che ne bloccò non solo uscita ma anche ogni possibile acquisizione da parte di software house o publisher esterni. Ormai rassegnati che il loro titolo non avrebbe mai trovato qualcuno ne in grado di acquisirlo ne con lo stomaco di pubblicarlo ai Paradox non rimase che una sola via di uscita: alzare il dito medio e metterlo in rete gratis.
I torrent si riempirono così di versioni più o meno aggiornate e, come un virus digitale oscuro e pericoloso che arriva dal darkweb, Thrill Kill arrivò sulle nostre PSX (modificate).
Ora, per farvi capire le ragioni dietro ai timori di EA credo sia sufficiente che vi introduca i personaggi:
C’è Oddball: serial killer e maniaco sessuale in camicia di forza col sedere scoperto;
Belladonna: moglie insospettabile trasformatasi in dominatrix letale dopo aver scoperto il marito fedifrago;
Dr. Faust: chirurgo pazzo che si è auto-trapiantato una trappola per orsi al posto della mandibola, morto per infezione;
Violet: contorsionista austriaca con la spina dorsale spezzata che può compiere impossibili quanto conturbanti movimenti per uccidervi;
Tormentor: ex giudice morto sulla sedia elettrica e divenuto una specie di suppliziante che pare uscito direttamente dell’inferno di Clive Barker;
il cannibale Cletus, morto di tenia e lo spietato nano sui trampoli Imp, morto per complicazioni dovute ad un trapianto di trampoli nelle gambe;
per finire il postino psicopatico Mammoth, morto suicida.
Tutti defunti, tutti finiti all’inferno e tutti impegnati in una sanguinolenta lotta 4vs4 a base di fatality per il solo piacere di Marukka, un demone annoiato che vuole farsi il suo spettacolino personale per poi concedere il ritorno alla vita al vincitore.
Il gameplay è volutamente confusionario ma, pur non avendo lo spessore di un picchiaduro di razza, si rivela sorprendentemente più preciso di quanto ci si aspetterebbe. Sulla carta si tratta di un gioco da 7-7,5 ma quello che colpisce è la sua incredibile aura di malvagità e perversione.
La risatina diabolica di Violet, il suono gelido del bisturi che fende l’aria del Dr. Faust ma soprattutto il sospiro orgasmico di Belladonna che riecheggia nell’aria quando frigge una vittima col suo taser, e che da solo riassume l’anima di questo titolo. Sì perché al di là della violenza cruda in sé (che in realtà non è superiore ad un qualsiasi mortal kombat) è l’atmosfera, il sapore di Thrill Kill, ad essere speciale.
C’è qualcosa di profondamente sbagliato in questo gioco. Sbagliato ma terribilmente affascinante. Qualcosa che sembra uscito direttamente dalle fiamme dell’inferno per turbarci e sedurci con la sua morbosa lascivia.
Belladonna si ricarica per fare la sua Thrill Kill
…e frigge la sua vittima facendogli ingoiare il suo taser!
Gli scenari in cui si svolgono gli scontri non sono distese dantesche a base di demoni volanti e fiumi di lava, ma squallidi scorci ordinari.
Una camera mortuaria che odora di sangue e ruggine, degli anonimi cessi pubblici, un’entrata per le fogne, il retro notturno di un vicolo marcio. Se siano illusioni, ricostruzioni ad opera di Marukka o posti reali poco importa. Sulla porta di una toilette lurida qualcuno ha scritto “Hell on Earth” ed è proprio quello il pensiero che ci attraversa: che l’inferno potrebbe non essere uno scenario dalle tinte evocative ma un qualcosa di spaventosamente simile alla nostra realtà. O forse, che ci troviamo già all’inferno.