Spider-Man Noir è tornato! Il 1° ottobre 2025 ha segnato il grande ritorno dell’eroe dal cappotto lungo nelle fumetterie USA, pronto a tessere la sua tela nel mondo oscuro e misterioso della New York degli anni ’30.
A guidare questa nuova, attesissima avventura c’è una vera leggenda dei fumetti: Erik Larsen (noto per il suo lavoro su The Amazing Spider-Man e creatore di Savage Dragon), che si occuperà della sceneggiatura. Ad affiancarlo, dando vita alle cupe atmosfere della Grande Depressione, troviamo l’artista italiano Andrea Broccardo.
La sinossi con la quale Marvel ci presenta il primo numero è la seguente:
Rinfrescatevi la memoria sullo Spider-Man più cool prima che arrivi sul piccolo schermo! La leggenda di Spidey ERIK LARSEN torna alla scrittura per reinventare questo Spider-Man, proprio come fece con l’originale, insieme al talentuoso artista emergente ANDREA BROCCARDO.
Siamo negli anni ’30: Peter Parker è un investigatore privato di giorno e il vigilante Spider-Man di notte. Tutto procedeva senza intoppi, finché una certa donna non è entrata nel suo ufficio chiedendogli di risolvere il caso dell’omicidio di suo padre.
Il nome di quella donna? GWEN STACY! Un caso che potrebbe non solo mettere in crisi il dipartimento di polizia di George Stacy, ma anche lo stesso Spider-Man!
Il team creativo
Erik Larsen non è certo un volto nuovo nell’universo di Spider-Man, ma questa volta si cimenta con una versione di Peter Parker ambientata in una New York molto diversa da quella odierna. Una storia che affronta tematiche lontane da quelle esplorate nella sua celebre run precedente sul personaggio.
Ai disegni c’è Andrea Broccardo, che con la sua sensibilità visiva dona nuova vita a un Peter Parker anni ’30. Una scelta naturale per un artista capace di muoversi con disinvoltura tanto nel fumetto supereroistico quanto nelle atmosfere più cupe e avventurose.
Menzione speciale per Simone Di Meo, autore della meravigliosa cover della issue 1 di questo rilancio.
Due chiacchiere con Andrea Broccardo
Noi di Popcornerd.it abbiamo avuto l’occasione di rivolgere due domande ad Andrea, riguardo la sua esperienza in questo progetto.
Rossano D’Angelo:Il “Noir” non è solo uno stile, ma un’intera atmosfera. Al di là del classico uso delle ombre, quali sono gli elementi visivi specifici – magari un dettaglio nell’architettura, una scelta nella moda dei personaggi, o un particolare tipo di inquadratura – che hai ritenuto fondamentali per catturare l’essenza della New York degli anni ’30 e distinguerla da altre interpretazioni del personaggio? Ci sono stati film o artisti (anche al di fuori del mondo dei fumetti) che sono stati la tua “guida” per questo progetto?
Andrea Broccardo: Ammetto di non essere mai stato un grande appassionato del genere noir, soprattutto a livello cinematografico. Ho visto diversi film del filone e ne riconosco il fascino, ma i miei gusti personali vanno più verso l’horror, la fantascienza e il fantasy. Per questo, Spider-Man Noir è stato di fatto il mio primo vero approccio professionale al genere.
Uno degli aspetti più importanti, e anche più impegnativi, è stata la ricerca di reference dell’epoca – e lo è tuttora, visto che sto ancora lavorando alla miniserie. Ambientare una storia negli anni ’30-’40 significa confrontarsi con edifici, automobili, abiti, acconciature e stili di vita completamente diversi dai nostri, e questo richiede tempo e precisione. Per esempio, nel secondo numero c’è una scena ambientata davanti al Madison Square Garden di New York, che negli anni ’40 aveva un aspetto totalmente diverso da quello attuale: trovare fotografie e materiale dell’epoca non è stato per niente semplice. Film come Gli Intoccabili, Il Grande Sonno o Casablanca si sono rivelati fondamentali per ricostruire atmosfere, costumi e look dei personaggi.
Un altro elemento tipico del noir sono le inquadrature inclinate, pensate per trasmettere un senso costante di tensione e pericolo. Le avevo già sperimentate, forse anche troppo, nelle due miniserie di Alien, e le ho trovate molto funzionali anche qui, tanto da utilizzarle in più occasioni.
Sul piano fumettistico, ho cercato di studiare grandi maestri come Eduardo Risso, Alex Toth e il Frank Miller di Sin City. Pur avendo uno stile molto diverso dal mio – che è più dinamico e in linea chiara – ho provato ad assorbire alcuni elementi del loro lavoro, come l’uso delle “quinte” in primissimo piano per staccare l’azione dallo sfondo, o le grandi masse nere e i contrasti forti. Avrei voluto avere più tempo per approfondire e assimilare questo linguaggio al mio stile personale, ma spero, nel mio piccolo, di essere riuscito a restituire almeno un po’ di quell’atmosfera.
Stai lavorando su una sceneggiatura di una leggenda come Erik Larsen, noto per il suo stile dinamico ed esplosivo. Come hai bilanciato la sua energia narrativa con il ritmo più cupo e riflessivo che il genere noir richiede? In particolare, nel disegnare questo Peter Parker investigatore, c’è un gesto, un’espressione o un dettaglio nel suo design a cui ti sei affidato per raccontare la sua determinazione senza bisogno di parole?
Lavorare con Erik è stato un sogno d’infanzia che si realizza. Avevo circa 10-12 anni quando in Italia arrivarono le storie dell’Uomo Ragno di McFarlane e Larsen, e per l’epoca furono qualcosa di rivoluzionario: i personaggi sembravano letteralmente esplodere fuori dalle pagine, piene di linee ipercinetiche e di un’azione che non si era mai vista prima. Colleziono e seguo con piacere sia Spawn che Savage Dragon fin da bambino, e ancora oggi continuo a leggerli. Per questo, poter collaborare direttamente con Larsen è stato un traguardo incredibile, soprattutto dal punto di vista emotivo e “nerd”. Bisogna anche ricordare che la Image degli anni ’90, insieme alla cosiddetta manga invasion con titoli come Dragon Ball, Akira o Video Girl Ai, è stata per me estremamente formativa sul piano visivo.
Ho sempre amato le scene d’azione, le linee cinetiche e quei codici narrativi che continuo a inserire nelle mie tavole ancora oggi. Spider-Man Noir non fa eccezione: certo, ci sono momenti più riflessivi e di indagine, ma non mancano sequenze di pura azione, con nemici inediti creati apposta per questa miniserie. Non aspettatevi un ritmo lento e investigativo: resta comunque una serie Marvel con protagonista Spidey. Erik ha avuto carta bianca per rilanciare un personaggio che aveva già avuto tre incarnazioni molto diverse, e con questo progetto abbiamo riportato Peter e il suo mondo a una dimensione più urbana e classica. Ritroveremo personaggi come Gwen, MJ, zia May e il capitano Stacy, insieme a nuovi avversari (alcuni davvero folli!) e ai soliti problemi quotidiani di Peter: dall’affitto da pagare, al tempo da trovare tra affetti personali e indagini. Ovviamente, essendo una versione noir, questo Spider-Man è più duro e violento: non esita a usare le armi da fuoco o la forza fisica quando serve, ma resta al contempo lo Spider-Man classico nato dalla penna di Stan Lee, Steve Ditko e John Romita.
Dal punto di vista artistico, il lavoro è tanto stimolante quanto complesso. L’immaginario visivo degli anni ’40 è ricchissimo: palazzi in stile art déco pieni di dettagli e decorazioni, abiti eleganti e complessi, acconciature vaporose, cappelli ovunque, armi da fuoco… insomma, c’è tantissimo da disegnare. Inoltre, per la prima volta mi sono trovato a lavorare con il cosiddetto “Marvel Style”. Questo significa che nello script non c’è una descrizione minuziosa di ogni vignetta, ma solo un’indicazione generale di ciò che accade nella pagina e una traccia dei dialoghi, che vengono poi adattati in base a ciò che ho disegnato. Per esempio: “Pagina X: siamo al porto, Spidey affronta una gang di criminali, schiva i proiettili, usa delle casse di legno per tramortire i nemici e guadagnare una posizione più alta e sicura”. A partire da queste note, spetta a me decidere quante vignette fare, le inquadrature, i campi, le espressioni e il ritmo della narrazione. Da un lato è fantastico perché mi offre totale libertà creativa; dall’altro richiede uno sforzo enorme e porta con sé una certa ansia da prestazione, perché devo riuscire a orchestrare tutto al meglio.
Spero che il mio lavoro riesca a trasmettere almeno un po’ della passione e dell’impegno che ci ho messo, e soprattutto che vi faccia venire voglia di leggere la nostra storia.
Cogliamo l’occasione per ringraziarlo del tempo che ci ha dedicato e per augurargli un grande in bocca al lupo per il futuro!