Corri per vincere, corri per sopravvivere, corri per fottere il sistema.
Potremmo definire con queste poche e semplici parole la trama e la morale di The Running Man, il nuovo film action sci-fi di Edgar Wright (Ultima Notte a Soho, L’alba dei morti dementi, Scott Pilgrim vs. The World), che vede protagonista un implacabile Glen Powell nel remake del film del 1987 con Arnold Schwarzenegger.
Powell, dopo la parentesi comedy di Chad Powers (qui la nostra recensione) torna nei panni dell’uomo d’azione in questa pellicola, dove interpreta Ben Richards, padre disperato che, pur di salvare la figlia malata, decide di partecipare allo spietato reality show televisivo The Running Man, programma campione d’incassi degli Stati Uniti, che mette in palio 1 miliardo di nuovi dollari. L’unica clausola? Per vincere, le “prede” devono resistere 30 giorni alla caccia del team di forze speciali denominato Cacciatori… e alle segnalazioni dei cittadini in cambio di soldi. Un’impresa che non è mai riuscita a nessuno nella storia del programma.
Un film dal cast stellare che vede al fianco di Powell anche volti noti come Josh Brolin, Colman Domingo, Katy O’Brien e Michael Cera.
Da L’Uomo in Fuga a The Running Man, passando per L’Implacabile
Come anticipato, The Running Man è il remake de L’Implacabile (1987), pellicola che aveva visto Swarzy nei panni di Ben Richards. Il film venne accolto tiepidamente al botteghino, nonostante la presenza dell’ex Mister Olimpia come protagonista, reduce da successi come Terminator e Predator.
Arnold Schwarzenegger ne L’Implacabile (1987)
Ma la storia originale si deve al romanzo di Stephen King del 1982, L’Uomo in Fuga, scritto sotto lo pseudonimo di Richard Bachman e ambientato in un futuro distopico.
Una trama figlia di una fantascienza tipica degli anni ’80 ha fatto sorgere diversi quesiti intorno al nuovo film di Wright. Come mai proprio L’Uomo in Fuga come ispirazione? Non siamo fuori tempo massimo per un film che vede centrali elementi, cliché e tematiche già spremute da altre pellicole e serie TV come Black Mirror?
The Running Man: Ben Richards vs. The World
The Running Man, film diretto da Edgar Wright, è anche il titolo del programma televisivo più seguito al mondo: un reality show estremo in cui i concorrenti, chiamati “Runner”, devono rispettare una sola regola per restare vivi — fuggire per 30 giorni, in diretta TV, braccati da killer professionisti detti “Cacciatori”, mentre il pubblico, incollato agli schermi, esulta a ogni esecuzione.
Ben Richards (Glen Powell) non è un eroe. È un uomo qualunque, costretto a una scelta impossibile: entrare nel gioco per salvare la figlia malata. A convincerlo è Dan Killian (Josh Brolin), il carismatico e spietato produttore dello spettacolo, maestro nel trasformare la sofferenza in spettacolo, la paura in share, la morte in intrattenimento.
Ma Ben non segue il copione. Corre, lotta, resiste. E contro ogni previsione diventa un idolo: il pubblico lo acclama, gli ascolti volano. Più il successo cresce, più il gioco si fa mortale. Ora Ben non deve affrontare solo i suoi inseguitori… ma un’intera nazione che vuole vederlo cadere.
Glen Powell, il nuovo action man del cinema
Lo aveva già dimostrato in Top Gun: Maverick e in Hit Man, ma Glen Powell si conferma anche in The Running Man come nuovo volto dei film d’azione degli anni ’20 di questo secolo.
Fascino arrogante, fisico scolpito, mascella quadrata e sguardo da “ti spiezzo in due” quando serve, Powell è un convincente protagonista tutto d’un pezzo in questa pellicola dove il pericolo arriva da ogni angolo.
Allo stesso tempo è perfetto anche nella parte del padre rabbioso contro il sistema, ma vulnerabile e amorevole nei confronti della sua famiglia, a tal punto da rischiare di morire pur di salvarla e toglierla dai bassifondi in cui vive.
C’è molta differenza tra il Ben Richards di Schwarzenegger e quello di Powell, ma entrambi sono figli del tempo in cui è stato girato il film, e nel The Running Man del 2025 il Richards che troviamo è assolutamente l’eroe che dobbiamo avere (sì, forse in alcune scene sfodera del machismo, ma rimanendo umile).
Insomma, Powell è l’eroe perfetto del nuovo millennio: un uomo d’azione, ma non invincibile, che se la cava ma viene comunque malmenato in più di un’occasione dai Cacciatori, villain usciti, invece, direttamente da una pellicola degli anni ’80.
Non mi stupirei se Powell venisse scelto in futuro come nuovo protagonista di uno dei grandi franchise d’azione come Mission: Impossible (e sarebbe un perfetto erede di Harrison Ford in Indiana Jones, qualora si decidesse per un reboot della saga… ma stiamo andando fuori tema).
The Running Man è un film che intrattiene (ma non solo)
Partendo dall’idea originale di King, il regista Wright si attiene molto di più al libro rispetto al film del 1987 e costruisce in modo sapiente una pellicola di vero intrattenimento: divertente, pulsante, senza mai strafare e mantenendo Ben Richards ancorato all’umanità, senza trasformarlo in un “supereroe”.
Come anticipato, scenografie, ambientazioni, personaggi (i Cacciatori in primis) e anche alcuni dialoghi sembrano usciti direttamente da un film d’azione di quarant’anni fa. E la cosa incredibile è che funziona.
The Running Man non scimmiotta in maniera forzata gli anni ’80, ma riesce al cinema in ciò che Stranger Things ha fatto in televisione.
Josh Brolin in The Running Man
Le tematiche di fondo sanno di già visto (chi segue Black Mirror sa a cosa mi riferisco), ma anche in questo caso la critica sociale a una società cinica fondata sul business e sul denaro, sul deepfake che fa credere alle persone qualsiasi cosa, e sulle bugie dei poteri forti e delle classi benestanti sui poveri, funziona in The Running Man. E la cosa spaventosa è che quel futuro distopico raccontato da King nei suoi libri, ora è “retro-futuristico”, dannatamente compatibile con la realtà di oggi sotto certi aspetti.
A livello di regia, Edgar Wright mantiene comunque il suo stile: un’energia contagiosa, un senso del tempo impeccabile e un’estetica visiva talmente personale da renderlo immediatamente riconoscibile. Anche The Running Man non fa eccezione.
L’umorismo non manca, così come le figure bizzarre, i botta e risposta fulminanti e, naturalmente, una colonna sonora clamorosa. Come accadeva in Baby Driver, anche qui la musica diventa motore narrativo ed emotivo. Ogni corsa, scontro e detonazione sembra orchestrato sul beat, creando un flusso ritmico irresistibile che eleva le scene d’azione a qualcosa di quasi coreografico.
Perché vedere The Running Man?
Fin dalla prima sequenza di corsa, il film non concede tregua. Una volta avviato il gioco, il ritmo resta altissimo. Ogni ambientazione e ogni nemico introducono un nuovo “livello”, come in un vero e proprio videogame con tanto di boss finale: dai vicoli della città ai grattacieli illuminati al neon, fino alle distese desertiche.
La regia di Wright tiene tutto in movimento senza perdere coerenza e permette di seguire chiaramente l’azione, cosa che molti action contemporanei trascurano.
The Running Man non è perfetto, poiché alcune scene sono telefonate per chi, come il sottoscritto, è cresciuto a pane e Schwarzenegger (Stallone, Van Damme e tutti gli altri machi del cinema), ma è un film d’azione “old style” che ha un’unica prerogativa: intrattenere.
Se volete andare al cinema e vedere un film che vi diverta, The Running Man fa per voi. Ma correte prima che i posti in sala finiscano!