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Everything Dead & Dying: intervista a Tate Brombal e Jacob Phillips

Tate Brombal e Jacob Phillips ci raccontano la loro mini-serie a tema zombie, Everything Dead & Dying, pubblicata da Image Comics

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Durante il New York Comic-Con 2025 abbiamo avuto l’occasione di incontrare Tate Brombal, sceneggiatore della mini-serie Everything Dead & Dying, che ci ha concesso qualche minuto per una breve intervista. In seguito abbiamo parlato anche con Jacob Phillips, disegnatore della serie, per approfondire il suo contributo artistico al progetto.

In questo articolo, Tate Brombal e Jacob Phillips ci raccontano Everything Dead & Dying dal loro punto di vista.

Per saperne di più sul primo numero, rimandiamo all’articolo dedicato: Everything Dead & Dying #1 di Tate Brombal e Jacob Phillips.

Tate Brombal, sceneggiatore di Everything Dead & Dying

Rossano D’Angelo: Image Comics è già la casa di una delle storie di zombie più iconiche di sempre, The Walking Dead. Cosa ti ha spinto a raccontare un’altra storia sui non-morti – una che invita inevitabilmente al confronto con un classico di questo calibro?

Tate Brombal: «In realtà mi piace molto che Everything Dead & Dying esista all’interno dell’eredità – e persino dell’ombra – di The Walking Dead. Il fatto che sia pubblicata da Image Comics rende questo legame ancora più significativo. All’inizio temevo che potessero pensare: “Perché dovremmo pubblicare un’altra storia di zombie?”. Ma per me era proprio questo il punto.
Nel mio racconto gli antagonisti – i sopravvissuti umani che arrivano in città – sono, in un certo senso, il cast di The Walking Dead. Ho voluto capovolgere completamente quella dinamica: qui, le persone per cui di solito facciamo il tifo diventano la minaccia, mentre gli zombie – o meglio, gli affetti cari che si sono trasformati – sono coloro che vale la pena proteggere. Mi è sembrata la storia perfetta da raccontare per Image Comics e un modo completamente diverso di affrontare il genere.»

Rossano D’Angelo: Senza svelare troppo, cosa rende Everything Dead & Dying diversa dalle altre storie di zombie?

Tate Brombal: «La storia segue Jack Chandler, un contadino che vive in una piccola cittadina canadese. Dopo l’apocalisse prende una decisione radicale: invece di uccidere i non-morti, sceglie di continuare a vivere insieme a loro. La sua famiglia, i suoi vicini e le persone che amava sono ancora lì, guidati dalla memoria muscolare dei loro ultimi giorni in vita.
Jack si prende cura di loro, li nutre, mantiene intatte le loro abitudini nel tentativo di conservare ciò che resta della sua vecchia vita. Ma poi un gruppo di sopravvissuti umani – il tipo di personaggi che solitamente consideriamo eroi – arriva in città deciso a “ripulirla”. Per Jack, però, quei non-morti non sono mostri: sono le persone che amava. Diventa così una storia su come proteggere i morti dai vivi, una riflessione sull’amore, sulla perdita e sul difficile atto di lasciar andare.»

Rossano D’Angelo: Diresti che Everything Dead & Dying potrebbe esistere nello stesso universo di The Walking Dead?

Tate Brombal: «Non credo, principalmente perché la natura e le “meccaniche” degli zombie sono diverse. Tuttavia appartiene pienamente al più ampio discorso narrativo delle storie di zombie. Riflette e si costruisce su ciò che è venuto prima, pur cercando qualcosa di profondamente umano nel suo cuore.»

Tate Brombal, NYCC 2025

Tate Brombal, NYCC 2025, foto di Rossano D’Angelo

Jacob Phillips, disegnatore della mini-serie

Anche Jacob Phillips, disegnatore della mini-serie, ci ha raccontato il suo lavoro su Everything Dead & Dying – e non solo.

Rossano D’Angelo: Come hai lavorato con Tate Brombal nello sviluppo della serie? Hai avuto libertà visiva o seguivi una sceneggiatura molto dettagliata?

Jacob Phillips: «Tate mi ha proposto un’idea già piuttosto definita, su cui rifletteva da anni. Prima ancora delle tavole mi ha fornito una descrizione dei personaggi e delle ambientazioni principali. Da lì ho realizzato una mappa della città, la disposizione della fattoria di Jack e la pianta della sua casa. Quando siamo passati alle tavole vere e proprie, il processo è variato da pagina a pagina: a volte Tate aveva un’idea precisa della scena, altre volte mi lasciava piena libertà creativa. In certi casi ci sentivamo per discutere le soluzioni mentre abbozzavo i layout. È stato un processo estremamente collaborativo.»

Rossano D’Angelo: In That Texas Blood hai esplorato il western cupo, in Newburn il noir urbano. In Everything Dead & Dying ti muovi tra zombie, isolamento rurale e dramma familiare. Qual è stata la sfida più grande?

Jacob Phillips: «La sfida principale è stata rendere chiari i diversi momenti temporali con cui la storia gioca. Ho lavorato con Tate e con la colorista, Pip Martin, per gestire i passaggi tra passato e presente. La soluzione è stata usare velature ad acquerello colorato per le scene del passato. Questo ci ha permesso non solo di creare due linguaggi visivi distinti, ma anche di dare morbidezza ai ricordi di Jack, perfetta per il tipo di storia che volevamo raccontare.
Per quanto riguarda l’ambientazione rurale, avevo già fatto molta pratica in That Texas Blood e The Enfield Gang Massacre. Stavolta è stato divertente applicare quell’esperienza al paesaggio dell’Ontario, dopo aver studiato a fondo le cittadine della regione.»

Rossano D’Angelo: Tate ha detto che la serie ribalta la dinamica classica: gli “eroi” diventano la minaccia. Come hai rappresentato questa inversione dal punto di vista visivo?

Jacob Phillips: «Ciò che rende questa storia così interessante è la complessità dei personaggi. Cerco di non vederli come eroi o villain: ciascuno pensa di fare ciò che è giusto. Quando li disegno, il mio obiettivo è rappresentarli come persone reali. Certo, inquadrature e illuminazione cambiano da vignetta a vignetta per evocare emozioni o dramma, ma in generale cerco di mostrarli come individui alle prese con una situazione estremamente difficile… l’apocalisse zombie!»

Jacob Phillips al Thought Bubble 2025, foto di Rossano D’Angelo

Everything Dead & Dying è una storia che affronta il genere zombie da una prospettiva nuova, intima e profondamente umana. Grazie alla sensibilità narrativa di Tate Brombal e alla forza visiva di Jacob Phillips, questa mini-serie offre un racconto che parla di perdita, memoria e legami impossibili da spezzare – nemmeno dalla morte.

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