Interviste
Intervista a Phillip Kennedy Johnson al MCM Comic Con di Londra
Intervista a Phillip Kennedy Johnson: la penna dietro Superman, Alien e The Incredible Hulk
Pubblicato
4 settimane agoil
Phillip Kennedy Johnson, scrittore statunitense noto per il suo lavoro in casa DC Comics, Marvel e Image Comics, è stato ospite del MCM Comic Con di Ottobre 2025, all’interno del roster di artisti e autori rappresentati da Scotts Collectables. Noi di PopCorNerd abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con lui.
Rossano D’Angelo: Ciao Phillip, grazie mille per aver trovato un momento per parlare con me, lo apprezzo davvero.
Phillip Kennedy Johnson: «Ciao, ma certo, con piacere.»
Rossano D’Angelo: La mia prima domanda riguarda il tuo background nella musica e nell’esercito – non sapevo fossi Sergente Maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti. In che modo il tuo senso di disciplina e il senso del ritmo influenzano la tua scrittura nei fumetti? Ti capita di pensare al ritmo o alle pause visive come farebbe un musicista?
Phillip Kennedy Johnson: «Sì, la mia esperienza musicale influenza molto il mio senso del ritmo – sia nei dialoghi che a livello visivo. Nella musica, il tempo e il ritmo si percepiscono a un livello molto micro, tutto ruota intorno al battito interno e alla precisione temporale. Nei fumetti è simile: puoi influenzare il ritmo con cui il lettore “ascolta” i dialoghi in base a quante balloon metti in ogni vignetta.»
Rossano D’Angelo: E questo influisce anche su come la storia viene percepita lettore, probabilmente.
Phillip Kennedy Johnson: «Esatto. Se vuoi che una conversazione sembri frenetica e veloce, puoi far sovrapporre le balloon. Se invece vuoi che una battuta resti impressa, basta una sola balloon per vignetta. Ma l’aspetto più importante del ritmo nei fumetti è il giro di pagina. Alla fine di ogni pagina dispari deve esserci una sorta di cliffhanger o battuta d’apertura che spinga il lettore a voltare pagina. Non deve mai esserci un punto in cui si fermi: devi spingerlo sempre avanti.»
Rossano D’Angelo: Quando scrivi personaggi iconici come Superman o Hulk, ti è mai capitato di ripensare radicalmente un elemento della loro mitologia perché non si adattava più al mondo di oggi? E dove tracci la linea tra rispetto della tradizione e innovazione?
Phillip Kennedy Johnson: «Credo sia importante considerare il contesto in cui inizi la tua run. Quando sono arrivato su Superman e Action Comics, Brian Michael Bendis stava raccontando storie molto umane e quotidiane, centrate sul Daily Planet e i personaggi di contorno. Quindi, in quel contesto, mi sembrava giusto rimettere il “super” in Superman, mandarlo nello spazio in un’epica alla John Carter of Mars o Spartacus nello spazio. Volevo mostrare cosa significasse Superman non solo per Metropolis o la Terra, ma per l’intero l’universo.
Per Hulk è stato diverso. Immortal Hulk era appena finito ed era amatissimo; poi Donny Cates e Ryan Ottley avevano fatto qualcosa di completamente diverso con Starship Hulk. Sentivo che il pubblico aveva di nuovo voglia di horror. Dovevo capire come evocare ciò che Al Ewing aveva fatto, ma in modo diverso, con un tono nuovo. Il contesto è tutto.»

Cover de L’Incredibile Hulk #1 di Phillip Kennedy Johnson
Rossano D’Angelo: Collegandomi a questo, porti spesso elementi di horror, folklore e mitologia nelle tue storie. C’è una mitologia personale o una leggenda che ti piacerebbe esplorare un giorno e che non hai ancora affrontato?
Phillip Kennedy Johnson: «Mi piacerebbe andare a fondo nella mitologia nordica, in modo più oscuro. E sono anche affascinato dai “capitoli mancanti” della mitologia inglese, un po’ come fece Tolkien cercando di ricostruirne una da zero.
Ho potuto esplorare qualcosa di simile con The Fellspyre Chronicles¹ per DC Black Label – lì ho creato un mio folklore originale, ed è stato fantastico. Le storie fantasy con cui sono cresciuto, come quelle di C.S. Lewis o Tolkien, descrivono mondi “puliti”, dove non esistono religioni in conflitto o incertezza. In Fellspar invece è tutto più “sporco”: culture diverse credono in cose diverse, e pur riferendosi agli stessi dèi, li rappresentano in modi opposti. Mi piacerebbe tornare a quel mondo.»

Il prossimo lavoro di Kennedy sul Gigante di Giada: Infernal Hulk!
Rossano D’Angelo: Quando lavori con gli artisti – per esempio ho adorato il tuo lavoro con Nic Klein su The Incredible Hulk – come collabori con loro? Preferisci sceneggiature molto dettagliate o lasci più libertà all’artista?
Phillip Kennedy Johnson: «Dipende dall’artista. In generale, scrivo sceneggiature dettagliate ma chiarisco sempre che possono cambiare ciò che vogliono. Non voglio che la sceneggiatura sembri una lista di comandi: racconto una storia perché anche loro possano raccontarla.
A volte scrivo script molto dettagliati per Nic, e lui ne prende solo ciò che gli serve, aggiungendo le sue idee. È come suonare musica insieme. Ogni storia è diversa.»

Le incredibili matite di Nic Klein
Rossano D’Angelo: Guardando al futuro, hai progetti creator-owned fuori dai grandi editori? E che genere vorresti esplorare?
Phillip Kennedy Johnson: «Sì! Ho un progetto creator-owned in arrivo, spero l’anno prossimo. È una storia fantasy moderna con elementi storici – si svolge nei giorni nostri, ma con flashback alla Seconda Guerra Mondiale. Un po’ nello stile di Mignola. Ne sono molto orgoglioso.»
Rossano D’Angelo: Mi hai già incuriosito.
Phillip Kennedy Johnson: (ride) «Grazie! Voglio anche tornare al mondo di The Fellspyre Chronicles con Riccardo [Federici n.d.r.], appena possibile.»
Rossano D’Angelo: Ultima domanda: visto che la musica è una parte così importante della tua vita, devo chiedertelo – quali sono i tuoi tre musicisti o band preferiti e i tre fumetti che ami di più?
Phillip Kennedy Johnson: «Allora, i musicisti: Charles Mingus, bassista e compositore jazz – la sua musica vive ancora oggi con la Mingus Big Band. Cannonball Adderley, il mio improvvisatore jazz preferito di sempre. Igor Stravinsky, come compositore – lo ascolto continuamente.
Per quanto riguarda i fumetti: Hellboy di Mike Mignola. Daytripper di Fábio Moon e Gabriel Bá. My Favorite Thing Is Monsters di Emil Ferris – è incredibile. Tutto il volume sembra disegnato in un quaderno a righe con una penna a sfera, senza pannelli o layout tradizionali. È un’opera d’arte fuori dal comune.»
Rossano D’Angelo: Grazie mille per questa fantastica chiacchierata, Phillip. A presto!
Phillip Kennedy Johnson: «Piacere mio, davvero. A presto!»
Un grande grazie a Phillip Kennedy Johnson per la sua gentilezza e disponibilità, e a Scotts Collectables per averci permesso di incontrarlo durante il MCM Comic Con di Londra 2025.
Chi è Phillip Kennedy Johnson: la penna dietro Superman, Alien e The Incredible Hulk

Phillip Kennedy Johnson al MCM Comic Con di Londra, Ottobre 2025
Phillip Kennedy Johnson ha esordito nel mondo dei fumetti nel 2015 con le miniserie Last Sons of America e Warlords of Appalachia pubblicate da BOOM! Studios, che lo hanno poi portato a collaborare con DC Comics e Marvel.
È conosciuto soprattutto per il suo apprezzato lavoro su Superman e Action Comics, su Alien per la Marvel, Green Lantern: War Journal e per le sue attuali run di successo su The Incredible Hulk, Batman & Robin e Hellhunters.
È inoltre autore e co-creatore di The Fellspyre Chronicles per DC Black Label e di Crocodile Black per BOOM! Studios, oltre a molte altre opere. Johnson ha pubblicato anche con Archaia, IDW, Aftershock, Dynamite e Scout Comics. Oltre alla carriera da sceneggiatore, Phillip Kennedy Johnson è Sergente Maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti, dove si esibisce come trombettista nella U.S. Army Field Band di Washington, D.C.
Prima di arruolarsi, ha girato il mondo con la Glenn Miller Orchestra tra il 2004 e il 2005, e ha suonato anche con gruppi prestigiosi come la Moscow Ballet, la Dallas Opera, la Washington Symphonic Brass, la Lexington Philharmonic e la Benny Goodman Orchestra.²
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Comics
Rafa Sandoval, l’artista che ha rinnovato Superman rendendolo… Assoluto
Durante la Milan Games Week abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Rafa Sandoval, apprezzato artista spagnolo e attuale disegnatore di Absolute Superman
Pubblicato
3 giorni agoil
11 Dicembre 2025Da
Doc. G
Immaginate di essere uno dei talenti della DC Comics e vi dicono “dobbiamo rinnovare il mito di Superman e deve essere qualcosa di mai visto“. Quanti andrebbero in difficoltà, desistendo da quella che risulta un’impresa impossibile? Probabilmente tanti, ma non Rafa Sandoval.
L’artista di Granada è l’artefice, insieme allo scrittore Jason Aaron, della nascita di un nuovo corso per l’Uomo d’Acciaio… un Superman Assoluto (non a caso la testata si intitola Absolute Superman).
Con il suo tratto dinamico, Rafa non solo sta contribuendo a ridefinire il personaggio dell’Azzurrone, ma ha ricreato visivamente un intero universo narrativo intorno a Kal-El, partendo dal suo pianeta natale, Kripton, mai, prima d’ora, esplorato così in profondità come sta facendo attualmente l’artista nella serie Absolute Superman.
Ospite alla Milan Games Week 2025, Rafa Sandoval ci ha concesso alcuni minuti per parlarci di quello che è stato il processo creativo che ha portato alla nascita di Absolute Superman, raccontandoci anche le difficoltà che ha riscontrato agli inizi e anche quanto gli piaccia disegnare alcuni personaggi, così come empatizzi meno con altri.
Su PopCorNerd, Rafa Sandoval, l’artista che ha reso Superman… Absolute!
Rafa Sandoval si racconta: il suo Superman, simbolo di speranza e lotta
PCN: Ciao Rafa, grazie mille per averci dedicato un po’ del tuo tempo e benvenuto su PopCorNerd! Sei senza ombra di dubbio uno dei disegnatori del momento in casa DC Comics, essendo il disegnatore regolare di Absolute Superman, una delle testate di punta. Ma all’inizio della tua carriera hai lavorato principalmente per Marvel, soprattutto su storie ambientate nel primo Ultimate Universe. Che cosa puoi raccontarci di quel periodo?
Rafa Sandoval: Beh, per me quel periodo, considerando che ero piuttosto agli inizi della mia carriera, è stata una vera e propria fase di apprendimento. È stato quello che definirei il percorso necessario per diventare l’autore che, più o meno, sono oggi. È stato un continuo imparare: commettere errori, capire come risolverli, capire come essere più efficiente in generale… È stato imparare davvero cosa significa essere un autore e come affrontare i problemi.

Ultimate Hawkeye by Rafa Sandoval
PCN: Arriviamo a Absolute Superman. Immagino la scena: la DC ti chiama e ti dice “Disegnerai Absolute Superman, e a scriverlo ci sarà Jason Aaron”. È andata (quasi) così? E soprattutto: quali sono state le tue prime sensazioni quando hai saputo che avresti disegnato Superman e che saresti stato affiancato da un autore come Aaron?
Rafa Sandoval: [risata n.d.r.] Più o meno è andata proprio così. Inizialmente me lo hanno proposto e io ho accettato perché ero in attesa di un nuovo progetto. Non avevo un incarico fisso su cui lavorare in quel momento; me lo hanno offerto e l’idea mi è piaciuta subito. E poi considerando che lo sceneggiatore sarebbe stato Jason Aaron, di cui sono un grandissimo fan, quello ha pesato per il 60% sulla decisione. Per il resto, si tratta di Superman, che tra l’altro è anche il mio personaggio preferito, quindi il “sì” era praticamente scontato.

Absolute Superman: l’Uomo d’Acciaio del nuovo millennio
PCN: Su Absolute Superman hai realizzato un vero restyling del costume di Kal-El: il mantello, il colore del costume, i poteri, e persino la “S” enorme sul petto, che sembra quasi voler sottolineare quale sia la sua missione e, al contempo, intimorire i nemici. Come è nato il nuovo costume di Absolute Superman?
Rafa Sandoval: Ho iniziato a lavorare sul design partendo da un modello di Rafael Albuquerque che mi aveva fornito DC.

Gli studi iniziali di Rafael Albuquerque
Il mio compito era rifinirlo, capire meglio l’idea della redazione, ciò che volevano Jason e gli editor. Per me era fantastico poter ridisegnare il personaggio, ma allo stesso tempo mi preoccupava molto, perché si trattava di un personaggio estremamente conosciuto. Probabilmente Superman è il personaggio più famoso da quando esistono i supereroi, e questo mi metteva ansia.
Quindi ho proposto una riunione in cui fossimo tutti presenti per chiarire i dubbi: non sapevo se stavo andando nella direzione giusta. Dopo quella riunione, in cui tutte le mie perplessità sono state sciolte, ho potuto lavorare sul design in modo più sereno e ho capito davvero l’idea generale. Da lì è stato più semplice, anche se avevo sempre molto chiaro un punto: creare qualcosa di nuovo, ma che fosse comunque riconoscibile come Superman.
Dovevi poter vedere elementi diversi dal Superman classico, ma allo stesso tempo capire subito che era lui, perché alcuni tratti iconici dovevano essere mantenuti. Una volta chiarito questo, ho proseguito il lavoro e tutto è filato liscio. Per me è stato davvero un onore poter ridisegnare il personaggio.
PCN: Il Superman classico è simbolo di speranza e incarna principi morali molto saldi. Che tipo di Superman è il tuo Kal-El? Incarna ancora la speranza?
Rafa Sandoval: Beh, speranza e lotta. Considera che proviene da una famiglia che, sul suo pianeta, era in qualche modo disprezzata e che faceva parte della classe più bassa. Era considerata “il peggio del peggio”. Non era facile per loro vivere sul loro stesso pianeta. E viene da lì. Ciò che adoro di questa nuova versione è che hanno preso un personaggio che non fa parte dell’élite. È un eroe, un combattente, un sopravvissuto. È un eroe perché deve sopravvivere e deve lottare. È questo ciò che mi affascina di lui.

PCN: Nei primi numeri, Absolute Superman si concentra sul passato su Krypton, un pianeta molto diverso da quello raccontato nell’universo DC classico. Per la prima volta viene esplorato davvero anche dal punto di vista dell’architettura, dei costumi, della tecnologia. Quali sono state le maggiori difficoltà nel creare da zero questa nuova Krypton?
Rafa Sandoval: È stato difficile perché ho lavorato un po’ contro il tempo. Cioè, avevo tempo, ma non così tanto. All’inizio è stato complicato, ma dopo varie riunioni in cui volevo chiarire alcuni punti, ho preso una decisione. Ne abbiamo parlato e all’editore è sembrata una buona idea: creare un mondo diverso, con una tecnologia diversa, ma non troppo diversa dalla nostra. Perché? Perché l’intenzione era creare un mondo inquinato, con classi sociali molto definite e simile alla Terra.
La mia intenzione era mostrare una tecnologia superiore a quella terrestre, ma non radicalmente differente, qualcosa di simile al futuro della Terra. Così, quando Superman sarebbe arrivato qui, sulla Terra, non ci saremmo chiesti come avrebbe fatto ad adattarsi: si sarebbe adattato perché tutto gli sarebbe risultato comprensibile. Arrivava sulla Terra e vedeva chi lavorava nelle miniere, che tecnologia veniva usata, e capiva che anche qui non si trattava di una tecnologia “pulita”.
Quindi abbiamo creato una tecnologia sporca, grezza, molto squadrata, senza linee morbide, senza lucidature, senza cristalli splendenti… niente di tutto ciò. Molto artificiale. Se mettessi un edificio di quella Krypton in un bosco o una foresta, sarebbe come un pugno in un occhio e stonerebbe.

Il pianeta Kripton di Absolute Superman
PCN: Da cosa hai tratto ispirazione per le caste e i costumi dei Kryptoniani?
Rafa Sandoval: Per i costumi dell’élite volevamo linee chiare, pulite, design voluminosi che rappresentassero immediatamente la tipologia di casta. Ho cercato ispirazione nella moda più appariscente e sfarzosa possibile, mescolata con qualche idea presa dai videogiochi.
Per i vestiti della casta più bassa, invece, ho cercato abiti da lavoro: cose molto pratiche, che non devono essere belle o eleganti. Devono farti pensare: “Questa persona sta lavorando”. Perché sì, quella era l’idea.

PCN: Jason Aaron ha detto in un’intervista che, rileggendo le vecchie storie di Siegel e Shuster e riflettendo sul perché avessero creato il personaggio in quel modo, si è sentito come se stesse “ricreando” Superman nel 2024. Pensi che abbia ragione? Ti senti un po’ lo Shuster del 2024/25?
Rafa Sandoval: Non mi piace paragonarmi a nessuno. Però, con le doverose premesse e distanze, direi di sì, più o meno. Perché è una vera e propria creazione, un’innovazione. Le persone sono abituate alla stessa storia di sempre: il piccolo Superman spedito dai genitori sulla Terra… E creare questa storia, che si allontana da quella tradizione, per me è appassionante.
Io stesso sto ancora scoprendo il personaggio mentre lavoro su di lui. A volte penso: se dovessi sopportare la distruzione del mio pianeta, della mia famiglia, e poi vivere in un altro mondo dove nessuno ti comprende o sa cosa ti è successo… credo che una mente in quella situazione sarebbe totalmente devastata, frantumata. E la storia di Superman, in questa serie, riguarda proprio il ricostruire tutto quel dolore e diventare una persona completa.
Amo molto questa visione.

PCN: Qual è stato il personaggio che ti ha divertito di più disegnare, e quale invece ti ha dato più difficoltà? (Krypto compreso!)
*ATTENZIONE SPOILER SU ABSOLUTE SUPERMAN #5
Rafa Sandoval: Oh, beh, Krypto lo adoro. Nel numero cinque è stata dura perché il pianeta esplode, muoiono i genitori… e muore anche lui. E mi è spiaciuto molto, perché era un personaggio con cui mi divertivo davvero e mi piaceva disegnarlo.
Oltre a Krypto, il personaggio con cui mi diverto di più, perché mi fa passare bei momenti, è Jimmy Olsen. È molto comico, dà un tocco di umorismo alla storia e mi piace perché mi permette di cambiare completamente registro. Fare pagine molto serie e poi passare a qualcosa di comico… mi piace questa alternanza. E naturalmente mi piace molto anche Superman.
Quello che meno… non è che non mi piaccia, ma forse mi risulta un po’ più difficile a entrare in sintonia è Lois Lane. Ho fatto fatica a “trovarla”. Spesso ci vuole un po’ per cogliere l’essenza di un personaggio, e quella con cui ho faticato di più è stata Lois. Però è normale…

PCN: Abbiamo terminato! Grazie ancora molto per il tuo tempo Rafa e alla prossima.
Rafa Sandoval: Grazie mille a voi. Ciao!
Rafa Sandoval: biografia

Rafael “Rafa” Sandoval è nato a Granada, in Spagna, nel 1975.
Il suo esordio nel fumetto avviene nel 2007: lavora per Marvel Comics, contribuendo a serie come Adventures: Iron Man, Avengers, X-Men, Captain America, Wolverine e Hulk, e per Valiant Comics con titoli come X-O Manowar e Harbinger. Nel 2015 pubblica per l’editore francese Le Lombard il volume The Prometheans, edito in Italia da Panini Comics con il titolo I figli di Prometeo – Riunione di Famiglia.
La sua carriera decolla però con DC Comics, con cui inizia a collaborare nel 2014. Per la casa editrice di Superman, Batman e Wonder Woman realizza alcune tra le più apprezzate gestioni di The Flash e Hal Jordan and the Green Lantern Corps, grazie al suo stile dinamico e dettagliato. Tra i suoi lavori più recenti figurano Teen Titans Academy, Suicide Squad, Black Adam e l’evento Crisi Oscura sulle Terre Infinite, in cui firma anche Justice League #75 – The Death of the Justice League, numero in cui il celebre supergruppo di eroi incontra il proprio destino dando il via all’evento. Dopo aver lavorato come disegnatore di Action Comics, Sandoval è oggi al lavoro su Absolute Superman, sui testi di Jason Aaron.
Comics
Iban Coello, l’artista Marvel che strizza l’occhio a manga e picchiaduro
Abbiamo intervistato Iban Coello, artista catalano in forza a Marvel, disegnatore di Venom, Dark Ages, Fantastici 4 e dell’ultimo lavoro di Jonathan Hickman, Imperial
Pubblicato
1 settimana agoil
4 Dicembre 2025Da
Doc. G
Da qualche anno a questa parte la Spagna è patria di alcuni dei talenti più cristallini che si stanno facendo strada nel mondo dei comics. Tra questi spicca Iban Coello, artista catalano dal tratto elegante, limpido e dinamico.
Un disegnatore che matura il suo stile assimilando quanto possibile dai maestri d’arte orientale come il mangaka Akira Toriyama e la sua intramontabile opera Dragon Ball, ma che riesce a cogliere quanto più possibile anche dai videogiochi. E chi conosce il tratto di Iban non può non ritrovare nei suoi disegni ‘qualcosa’ dei titoli Capcom, ad esempio.
Ma nonostante un debole per arte e artisti orientali, Iban Coello è diventato un importante disegnatore Marvel, tanto da essere selezionato insieme a Federico Vicentini da Jonathan Hickman, il più grande sceneggiatore in forza attualmente alla Casa delle Idee, per prestare la sua arte all’ultima fatica fantascientifica del deus ex machina dell’Ultimate Universe: Imperial.
La saga cosmica Marvel, arriverà a giorni in Italia e Iban ha concesso a PopCorNerd un po’ del suo tempo per poter fare quattro chiacchere sul suo percorso da artista, rivelandoci alcuni interessanti aneddoti su alcuni lavori a cui ha preso parte. Ecco a voi Iban Coello!
Iban Coello si racconta: dall’amore per Dragon Ball sino alle guerre cosmiche di Imperial
PCN – Mi piacerebbe iniziare l’intervista chiedendoti come è nato il tuo stile.
Hai un tratto pulito e dinamico, e riguardando alcuni dei tuoi primi lavori ho notato somiglianze con autori degli anni ’90 come Joe Madureira o Jeff Matsuda. Ma, da quanto ho letto in alcune tue dichiarazioni, hai trovato ispirazione anche nell’arte orientale e in alcuni grandi mangaka.
Quindi, quali artisti ti hanno davvero ispirato all’inizio della tua carriera?
Iban Coello: Allora… le mie ispirazioni iniziali sono sempre state piuttosto chiare. Credo che, soprattutto, sia stato molto influenzato da Dragon Ball e dall’opera di Akira Toriyama.

Il Majin Vegeta di Iban Coello, omaggio ad Akira Toriyama
Ma anche il fatto di essere stato un videogiocatore fin da piccolo, specialmente nelle sale giochi, mi ha influenzato molto. Mi ha colpito tantissimo tutta la parte artistica dei videogiochi, soprattutto quelli della Capcom e SNK.
Artisti come Shinkiro e Bengus mi hanno influenzato e mi hanno aiutato a godermi ancora di più quello che faccio.
È qualcosa che cerco di portare ogni giorno nel mio lavoro, insieme alle influenze che ho dal fumetto americano, europeo e giapponese.
PCN – Il tuo tratto pulito è legato a uno dei personaggi più “sporchi” e viscerali dell’universo Marvel: Venom. Con uno stile fluido come il tuo, ti è stato facile adattarti a un personaggio così intenso?
Iban Coello: Devi capire che disegno Venom e Spider-Man da quando ero piccolissimo. Li disegnavo sui bordi dei quaderni a scuola e li ho disegnati un’infinità di volte.
L’unica cosa che ho dovuto fare è stata adattarmi un po’ al tipo di disegnatore che sono ora, con altre influenze. Le basi le avevo già: il “programma per disegnare Spider-Man” era già installato [risata n.d.r.], ho solo continuato a perfezionarlo col tempo.

PCN – Su Venom hai lavorato prima con Donny Cates e poi con Al Ewing, due sceneggiatori straordinari. Come artista, quali differenze hai notato tra il Venom di Cates e quello di Ewing?
Iban Coello: Penso che la differenza principale sia che Donny Cates punti di più sull’emotività. È più concentrato sulla storia e sui concetti che vuole raccontare, che sono incredibili, ma ciò che lo muove davvero è l’emozione.
Al Ewing, invece, è più tecnico e riflessivo; anche quando parla di lavoro, lo fa in modo più tranquillo e razionale.
Entrambi sono persone adorabili e molto gentili, ma la differenza tra loro, dal mio punto di vista, è quella: uno è più emotivo, l’altro più cerebrale.
PCN – Ultimamente hai pubblicato su Instagram un’immagine con una copertina da te disegnata del Venom di Cates.
Iban Coello: Sì, credo che fosse l’ultima copertina che ho fatto per lui: quella con Venom che cammina verso l’oscurità. [Venom vol. 4 #34 n.d.r.]

Cover di Venom vol. 4 #34
PCN – Ti sei divertito a lavorare su Venom War?
Iban Coello: Sì, molto. Quando lavoravo su Venom ero molto giovane e non mi ero ancora completamente adattato a ciò che volevo disegnare; forse non avevo abbastanza sicurezza e mi concentravo più sul finire il lavoro che sul divertirmi, perché volevo essere professionale.
Ora, con l’età e con più tempo per esercitarmi ed esplorare, mi godo molto di più ciò che faccio. Quando ho lavorato su Venom War, avevo un maggiore controllo su ciò che disegnavo e me lo sono davvero goduto. È stato molto divertente.

PCN – Dopo un personaggio oscuro, sei passato a un’era oscura: Dark Ages. Insieme a Tom Taylor hai creato questo What if che ti ha dato molta libertà creativa, trattandosi di un universo non canonico. Anche se hai usato personaggi Marvel, hai potuto reinterpretarli a modo tuo.
Com’è stato costruire un mondo da zero? Hai potuto scegliere tu stesso alcuni personaggi della storia?
Iban Coello: No, no è stato Tom ad avere l’idea iniziale su quali personaggi utilizzare, che poi io ho sviluppato e reinterpretato. Diciamo che, per i personaggi principali, avevo già un’idea più o meno chiara della direzione della storia e di alcuni concetti di design.
Per esempio Iron Man: sapevo che doveva avere uno stile steampunk. Così ho proposto delle idee, e oltre ai personaggi che disegnavo direttamente io, Tom aveva fornito alcune linee guida, soprattutto per Iron Man. Lui aveva le idee molto chiare, ma ho cercato di aggiungere un tocco personale.

Lo Steampunk Iron Man di Iban Coello per Dark Ages
Ad esempio, gli dissi che la gente in quel nuovo mondo non avrebbe smesso di indossare i vestiti che portava prima. Nel caso di Iron Man, ha molte armature, quindi sarebbe stato poco realistico costruirne una nuova da zero senza risorse né macchinari.
Ho pensato che avrebbe potuto riutilizzare le sue vecchie armature e adattarle per creare quella versione steampunk che volevamo, invece di costruirne una completamente nuova.
Se guardi bene, infatti, si tratta di pezzi di altre armature, come la Extremis o altre più recenti che ho integrato.
L’idea era che Tony, con un martello e attrezzi normali, modificasse quei pezzi fino a renderli funzionali.
C’era un pizzico di fantasia, certo, ma questo era lo spirito dei design.
La stessa cosa per gli altri personaggi: ad esempio Johnny Storm indossa una tuta ignifuga che sembra quasi quella di un astronauta. Mi sono ispirato molto a The Fury, un personaggio di Metal Gear Solid 3.
Perché? Perché avevo cercato molte tute ignifughe dei vigili del fuoco, poi ho adattato il concetto per il costume di Johnny.

La mia idea era che, non avendo più la tecnologia per creare i costumi speciali dei Fantastici Quattro, una volta deteriorati non avrebbero potuto rimpiazzarli.
Ho cercato di adattare l’abbigliamento di ciascuno: per esempio, quello di Reed Richards è da avventuriero-scienziato, con tasche per strumenti e gadget, perché i Fantastici Quattro sono sempre legati all’esplorazione.
Con Johnny Storm, invece, c’era un problema: ogni volta che prende fuoco, brucia il costume. Allora ho pensato a The Fury, che è sempre in fiamme ma la tuta resiste.
Ho cercato riferimenti di tute reali, guardato video e documentazione per capire come funzionano e poi ho adattato tutto per creare un design unico.
È per questo che il costume è così com’è. Peccato per quello che accade nel fumetto… è una storia interessante sul viaggio originale di Johnny Storm in Dark Ages.

PCN – Con Fantastic Four di Ryan North hai contribuito a rinnovare la “prima famiglia” Marvel. Nei primi numeri, ogni albo si concentrava su un membro del gruppo, dandoti la possibilità di lavorare su ognuno dei F4 separatamente.
Con chi ti sei trovato più a tuo agio e con quale hai avuto più difficoltà?
Iban Coello: Quello con cui mi sono divertito di più è stato Reed Richards. Disegnarlo è stato un po’ come lavorare su Venom: potevo allungarlo, giocare con la texture elastica e viscosa, usare alcuni trucchi simili.
Mi sono divertito molto anche con Johnny Storm: volevano che fosse diverso, non la classica Torcia Umana in fiamme. Mi chiesero di farlo sembrare una persona realmente avvolta dal fuoco. Per questo il suo design è così scuro: quando Johnny brucia, è quasi una silhouette nera circondata dalle fiamme.
Ho guardato molte immagini e video, non di persone in fiamme, ovviamente! [risata n.d.r.] ma di oggetti, e ho notato che resta sempre una macchia nera al centro del fuoco. Così ho cercato un modo per rappresentarlo.
Il personaggio con cui mi sono trovato meno a mio agio, invece, è stata La Cosa, perché volevo disegnarlo in modo diverso, ma le indicazioni iniziali erano molto classiche, distanti dalla mia idea. Io volevo farlo più imponente, più moderno, con un corpo più massiccio.
Alla fine abbiamo trovato un compromesso, ma mi è costato un po’ adattarmi. Inoltre, l’inizio su Fantastic Four è coincisa con la gravidanza di mia moglie. È stato un periodo complicato: ho disegnato molte pagine dall’ospedale.
Tra quello e la nascita di mio figlio, è stato un momento difficile. Disegnavo quasi in modalità automatica, solo per finire in tempo e poter stare anche con la mia famiglia.

PCN – Domanda molto importante: quel Johnny Storm con i baffi è stata una tua idea o di Ryan North?
Iban Coello: In realtà è stata un’idea di Ryan. Nel copione era scritto che Johnny doveva avere i baffi, ma io avevo capito male che tipo di baffi intendesse! Ho disegnato quelli che si vedono nelle pagine e a Ryan sono piaciuti subito.
Non se lo aspettava, e nemmeno io. È stato un malinteso, ma ci è piaciuto e l’abbiamo lasciato così.

Gli improbabili baffi di Johnny Storm!
PCN – Di recente ho letto una storia dei Fantastici Quattro di Mark Waid e Mike Wieringo [Fantastic Four #511 ristampato su Marvel Masterseries – Fantastici Quattro di Mark Waid e Mike Wieringo #2 n.d.r.] in cui i personaggi incontrano Jack Kirby, e nel disegno che Kirby fa come regalo al quartetto, Johnny Storm ha i baffi.
Iban Coello: Non lo sapevo! Probabilmente Ryan ha voluto rendere omaggio a quell’epoca.
PCN – Parliamo del tuo ultimo lavoro: Imperial. Una saga di fantascienza orchestrata dall’“architetto” dell’universo Marvel, Jonathan Hickman. Io la definisco il Game of Thrones spaziale della Marvel. Sei d’accordo con questa descrizione?
Iban Coello: Sì, totalmente. C’è un po’ di tutto: cospirazioni, segreti, tradimenti, personaggi che muoiono… sì, credo che fosse proprio quella l’idea. Anche se manca ancora l’ultimo numero.

PCN – Negli Stati Uniti non è ancora uscito, giusto?
Iban Coello: No, credo che esca tra fine ottobre e inizio novembre. [Imperial #4 è uscito a novembre negli USA. Da noi il #1 numero italiano arriverà il 18 dicembre! n.d.r.]
PCN – In Imperial condividi la parte grafica con Federico Vicentini. Com’è stato lavorare insieme a un altro artista sulla stessa sceneggiatura?
Iban Coello: Mi sono trovato davvero bene. Federico è un tipo fantastico, molto comunicativo. A volte ci scriviamo su WhatsApp per coordinarci. I nostri stili sono diversi, ma si completano perfettamente. È un artista incredibile e credo che il risultato finale sia molto equilibrato. È stata un’esperienza molto positiva.

PCN – Sì, i vostri stili sono diversi ma si combinano perfettamente. È stato difficile creare o ridisegnare i nuovi personaggi e i costumi della saga?
Iban Coello: Sì, parecchio. C’è stato tantissimo lavoro di design. Io e Federico ci siamo divisi i personaggi, ciascuno si occupava di alcuni, poi ci coordinavamo per mantenere coerenza visiva. Anche l’editor ci ha aiutato molto a dare unità al tutto.
Ho cercato moltissimi riferimenti, anche da Planet Hulk, sia online che nei fumetti. È stato un processo lungo e impegnativo, oltre al normale lavoro di disegno.

Design dell’Hulk che vedremo in Imperial
PCN – Alcuni personaggi, come Hulk, vivono situazioni molto diverse in Imperial rispetto alle loro serie principali. I lettori dovrebbero aspettarsi una spiegazione?
Iban Coello: Non posso dire molto, perché non sto leggendo la serie regolare di Hulk. Ho letto solo i primi numeri dell’arco di Phillip Kennedy Johnson.
So che dovevo disegnare Bruce Banner con i capelli lunghi, seguendo le references, ma non so esattamente quanto differisca. Non so se Jonathan e Phillip si siano coordinati o se abbiano seguito strade separate.
PCN – Hai lavorato principalmente per Marvel, giusto?
Iban Coello: Sì, anche se ho lavorato anche per Dark Horse e DC: ho fatto alcuni numeri singoli. Ho partecipato a Superboy dei New 52, ho disegnato qualcosa su Injustice e Justice League. Non ricordo esattamente però… è passato parecchio tempo.

Superboy by Iban Coello
PCN – Se tornassi a lavorare per DC, su quale personaggio ti piacerebbe lavorare? Non vale dire Batman, che lo dicono tutti gli artisti!
Iban Coello: [risata n.d.r.] No, no, Batman no. Ci ho provato, ma non ci troviamo. Non riesco a disegnarlo bene.
Penso che sceglierei Superman.
Per me, Superman è la cosa più vicina a Dragon Ball che potrei disegnare nel fumetto americano. In fondo, Goku è una versione di Superman. Le battaglie, i raggi, la gente che vola… è tutto molto “Superman”. Solo che lui ha un messaggio più positivo e meno violento. Quindi sì, direi Superman.
PCN – Ultima domanda. Visto che hai terminato Imperial, nei tuoi prossimi progetti, resterai nello spazio profondo dell’universo Marvel, tornerai a qualche serie “aracnide” o magari… ti unirai ai mutanti, visto che ho la sensazione che ti piacciano molto?
Iban Coello: [risata n.d.r.] Non posso ancora parlarne finché non verrà annunciato ufficialmente, ma posso assicurarti che mi divertirò moltissimo.
PCN – Perfetto. Speriamo di rivederti presto allora. Grazie mille per il tuo tempo, Iban!
Iban Coello: Grazie a te!
Iban Coello: biografia

Dopo aver esordito su Star Wars (Dark Horse) Iban Coello, ha disegnato Superboy, Batman Beyond e Justice League Beyond per DC Comics prima di firmare un contratto in esclusiva per la Marvel dove ha associato il suo nome a Venom disegnando la serie regolare del simbionte e gli eventi Venomverse e Venom War, senza dimenticare Dark Ages e il suo preziosissimo lavoro su Fantastic Four con Ryan North.
L’ultimo lavoro è la miniserie cosmica Imperial su testi di Jonathan Hickman, terminata negli U.S.A. ma in arrivo a breve in Italia grazie a Panini Comics.
Comics
Everything Dead & Dying: intervista a Tate Brombal e Jacob Phillips
Tate Brombal e Jacob Phillips ci raccontano la loro mini-serie a tema zombie, Everything Dead & Dying, pubblicata da Image Comics
Pubblicato
3 settimane agoil
25 Novembre 2025
Durante il New York Comic-Con 2025 abbiamo avuto l’occasione di incontrare Tate Brombal, sceneggiatore della mini-serie Everything Dead & Dying, che ci ha concesso qualche minuto per una breve intervista. In seguito abbiamo parlato anche con Jacob Phillips, disegnatore della serie, per approfondire il suo contributo artistico al progetto.
In questo articolo, Tate Brombal e Jacob Phillips ci raccontano Everything Dead & Dying dal loro punto di vista.
Per saperne di più sul primo numero, rimandiamo all’articolo dedicato: Everything Dead & Dying #1 di Tate Brombal e Jacob Phillips.
Tate Brombal, sceneggiatore di Everything Dead & Dying
Rossano D’Angelo: Image Comics è già la casa di una delle storie di zombie più iconiche di sempre, The Walking Dead. Cosa ti ha spinto a raccontare un’altra storia sui non-morti – una che invita inevitabilmente al confronto con un classico di questo calibro?
Tate Brombal: «In realtà mi piace molto che Everything Dead & Dying esista all’interno dell’eredità – e persino dell’ombra – di The Walking Dead. Il fatto che sia pubblicata da Image Comics rende questo legame ancora più significativo. All’inizio temevo che potessero pensare: “Perché dovremmo pubblicare un’altra storia di zombie?”. Ma per me era proprio questo il punto.
Nel mio racconto gli antagonisti – i sopravvissuti umani che arrivano in città – sono, in un certo senso, il cast di The Walking Dead. Ho voluto capovolgere completamente quella dinamica: qui, le persone per cui di solito facciamo il tifo diventano la minaccia, mentre gli zombie – o meglio, gli affetti cari che si sono trasformati – sono coloro che vale la pena proteggere. Mi è sembrata la storia perfetta da raccontare per Image Comics e un modo completamente diverso di affrontare il genere.»
Rossano D’Angelo: Senza svelare troppo, cosa rende Everything Dead & Dying diversa dalle altre storie di zombie?
Tate Brombal: «La storia segue Jack Chandler, un contadino che vive in una piccola cittadina canadese. Dopo l’apocalisse prende una decisione radicale: invece di uccidere i non-morti, sceglie di continuare a vivere insieme a loro. La sua famiglia, i suoi vicini e le persone che amava sono ancora lì, guidati dalla memoria muscolare dei loro ultimi giorni in vita.
Jack si prende cura di loro, li nutre, mantiene intatte le loro abitudini nel tentativo di conservare ciò che resta della sua vecchia vita. Ma poi un gruppo di sopravvissuti umani – il tipo di personaggi che solitamente consideriamo eroi – arriva in città deciso a “ripulirla”. Per Jack, però, quei non-morti non sono mostri: sono le persone che amava. Diventa così una storia su come proteggere i morti dai vivi, una riflessione sull’amore, sulla perdita e sul difficile atto di lasciar andare.»
Rossano D’Angelo: Diresti che Everything Dead & Dying potrebbe esistere nello stesso universo di The Walking Dead?
Tate Brombal: «Non credo, principalmente perché la natura e le “meccaniche” degli zombie sono diverse. Tuttavia appartiene pienamente al più ampio discorso narrativo delle storie di zombie. Riflette e si costruisce su ciò che è venuto prima, pur cercando qualcosa di profondamente umano nel suo cuore.»

Tate Brombal, NYCC 2025, foto di Rossano D’Angelo
Jacob Phillips, disegnatore della mini-serie
Anche Jacob Phillips, disegnatore della mini-serie, ci ha raccontato il suo lavoro su Everything Dead & Dying – e non solo.
Rossano D’Angelo: Come hai lavorato con Tate Brombal nello sviluppo della serie? Hai avuto libertà visiva o seguivi una sceneggiatura molto dettagliata?
Jacob Phillips: «Tate mi ha proposto un’idea già piuttosto definita, su cui rifletteva da anni. Prima ancora delle tavole mi ha fornito una descrizione dei personaggi e delle ambientazioni principali. Da lì ho realizzato una mappa della città, la disposizione della fattoria di Jack e la pianta della sua casa. Quando siamo passati alle tavole vere e proprie, il processo è variato da pagina a pagina: a volte Tate aveva un’idea precisa della scena, altre volte mi lasciava piena libertà creativa. In certi casi ci sentivamo per discutere le soluzioni mentre abbozzavo i layout. È stato un processo estremamente collaborativo.»
Rossano D’Angelo: In That Texas Blood hai esplorato il western cupo, in Newburn il noir urbano. In Everything Dead & Dying ti muovi tra zombie, isolamento rurale e dramma familiare. Qual è stata la sfida più grande?
Jacob Phillips: «La sfida principale è stata rendere chiari i diversi momenti temporali con cui la storia gioca. Ho lavorato con Tate e con la colorista, Pip Martin, per gestire i passaggi tra passato e presente. La soluzione è stata usare velature ad acquerello colorato per le scene del passato. Questo ci ha permesso non solo di creare due linguaggi visivi distinti, ma anche di dare morbidezza ai ricordi di Jack, perfetta per il tipo di storia che volevamo raccontare.
Per quanto riguarda l’ambientazione rurale, avevo già fatto molta pratica in That Texas Blood e The Enfield Gang Massacre. Stavolta è stato divertente applicare quell’esperienza al paesaggio dell’Ontario, dopo aver studiato a fondo le cittadine della regione.»
Rossano D’Angelo: Tate ha detto che la serie ribalta la dinamica classica: gli “eroi” diventano la minaccia. Come hai rappresentato questa inversione dal punto di vista visivo?
Jacob Phillips: «Ciò che rende questa storia così interessante è la complessità dei personaggi. Cerco di non vederli come eroi o villain: ciascuno pensa di fare ciò che è giusto. Quando li disegno, il mio obiettivo è rappresentarli come persone reali. Certo, inquadrature e illuminazione cambiano da vignetta a vignetta per evocare emozioni o dramma, ma in generale cerco di mostrarli come individui alle prese con una situazione estremamente difficile… l’apocalisse zombie!»

Jacob Phillips al Thought Bubble 2025, foto di Rossano D’Angelo
Everything Dead & Dying è una storia che affronta il genere zombie da una prospettiva nuova, intima e profondamente umana. Grazie alla sensibilità narrativa di Tate Brombal e alla forza visiva di Jacob Phillips, questa mini-serie offre un racconto che parla di perdita, memoria e legami impossibili da spezzare – nemmeno dalla morte.
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