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Werther Dell’Edera, l’incredibile artista dietro Something is Killing the Children

Werther Dell’Edera, artista di fama internazionale e co-creatore di Something is Killing the Children, ci ha concesso un po’ del suo tempo al San Diego Comic-Con Malaga per raccontarci alcuni momenti della sua carriera e com’è nata SIKTC. Ma non solo…

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Ci sono storie, che nonostante la loro semplicità, riescono a entrare nel cuore di molti lettori. Something Is Killing the Children è una di queste.

Il merito del successo di una delle serie di punta di Boom! Studios, lo si deve principalmente ai suoi autori: James Tynion IV e Werther Dell’Edera. Perché una storia per essere ‘bella’ deve saper essere raccontata da chi la scrive e, nel caso di un fumetto, anche da chi la disegna.

Come un abile sarto, Werther Dell’Edera è riuscito, in maniera magistrale, a creare visivamente l’oscuro e drammatico mondo di SIKTC e i suoi personaggi. Seguendo le linee guida di un maestro della sceneggiatura come Tynion IV, che quando si tratta di horror tira fuori il meglio di sé, Something Is Killing the Children è diventata una delle testate di comics più apprezzate degli ultimi anni. E questo lo si deve anche all’apporto artistico e alle idee che Werther ha portato sul tavolo e che hanno aperto un mondo nella testa di Tynion IV.

Quello che era stato pensato inizialmente come un progetto di pochi numeri, nel 2026 arriverà al n. 50 e, prossimamente, diventerà una serie animata per adulti e un film live action. Senza dimenticare il crossover con il personaggio DC Comics, Swamp Thing, annunciato al NY Comic-Con 2025.

Noi di PopCornerd abbiamo avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchere con Werther, scavando nel suo  passato e tornando alle origini della sua carriera, per poi arrivare a parlare proprio di SIKTC e il processo creativo che ha portato Erica e tutto il suo mondo a essere tanto amati da un pubblico sempre più vasto di lettori.

Senza l’arte di Werther, siamo sicuri che Something Is Killing the Children non sarebbe arrivato dov’è.

Capite, quindi, l’emozione di poter avere tra i primi ospiti (in realtà il primo, come emerge dall’intervista stessa, quando è stata registrata) su PopCorNerd un artista talentuoso come Werther. Un autore che si reputa ‘minimale’ nei dettagli e che va ‘dritto al punto’ e, forse, questo è uno dei segreti della sua arte impattante e spettacolare.

Ma lasciamo la parola a Werther Dell’Edera. Buona lettura.

Werther Dell’Edera si racconta: dagli esordi al successo di SIKTC

PCN Amici di PopCorNerd, siamo qua in compagnia di un grandissimo ospite, direttamente dal San Diego Comic-Con di Málaga. Grazie a Werther Dell’Edera per essere qui con noi!

Werther Dell’Edera: Ciao a tutti!

PCN Prima di tutto ti devo dire una cosa: noi siamo una pagina giovane, e tu sei il nostro primo ospite*. Avere come primo ospite Werther Dell’Edera vuol dire partire davvero molto, molto bene.

Werther Dell’Edera: Grazie! Sono veramente contento di essere il primo ospite della vostra pagina.

*[L’intervista è stata realizzata durante il SDCC Malaga, e quindi alla fine di settembre 2025 n.d.r.]

PCN Prima di parlare del tuo grande successo, Something Is Killing the Children, che porti avanti da anni insieme a James Tynion IV, vorrei soffermarmi su due personaggi a cui sono molto legato e che risalgono ai tuoi primi anni di carriera: John Doe e Detective Dante. Hai mantenuto un certo tipo di affezione verso questi personaggi? Che tipo di esperienza è stata lavorare su di loro?

Werther Dell’Edera: Beh sì, indubbiamente l’affezione è rimasta. Io ho iniziato su Detective Dante con Lorenzo Bartoli e subito dopo ho collaborato anche con Roberto Recchioni. Entrambi sono i due creatori di Detective Dante e John Doe per l’Eura Editore.

Immagine tratta da Detective Dante, disegnata da Werther Dell’Edera

È stato divertente, perché quando mi ero proposto all’Eura, o meglio a Roberto, durante un Napoli Comicon, avevo appena pubblicato Road’s End con i ragazzi di Innocent Victim per Magic Press.

L’avevo mostrato a Roberto e lui mi disse: “Sì, interessante, ma secondo me non sei ancora pronto.” Loro stavano partendo in pompa magna con John Doe e mi lasciò a Lorenzo, dicendo “Mi piace, lavoriamo su qualcosa con lui.” Così iniziai con Lorenzo e insieme a lui feci diverse storie brevi per Lanciostory e Skorpio. Dopo un po’ di tempo Lorenzo mi propose di fare Detective Dante, e da lì poi anche Roberto si convinse a farmi fare il salto, portandomi su John Doe. È stato un pezzo importante della mia storia lavorativa.

PCN Tra l’altro, John Doe lo reputo uno dei migliori fumetti italiani degli ultimi trent’anni: cicli narrativi bellissimi, con disegnatori che poi hanno fatto grandi carriere.

Werther Dell’Edera: Sì, una buona parte dei disegnatori di John Doe hanno fatto il grande salto dall’Eura e sono poi andati a lavorare in America, soprattutto per DC o Marvel.

PCN Parliamo adesso di Something Is Killing the Children. È un progetto che porti avanti da anni con James Tynion IV, molto apprezzato dai fan e dalla critica, e con cui avete vinto anche un Eisner Award nel 2022. È vero che inizialmente doveva essere un progetto molto più corto rispetto a quello che è poi diventato? Oppure era già proiettato verso una storia molto più ad ampio raggio?

Werther Dell’Edera: Quando mi hanno contattato dalla Boom! Studios, doveva essere una miniserie di sei numeri, strutturata in modo completamente diverso.

L’idea originale di James era fare sei storie autoconclusive, ognuna ambientata in un luogo diverso, con la protagonista, Erica, che appariva, risolveva la situazione e spariva.

Lei doveva essere uno di quei personaggi che viaggiano per gli Stati Uniti con uno zaino in spalla e vanno in giro a risolvere problemi; un po’ come Buffy o Jack Reacher.

Quando ho iniziato a studiare Erica, lei era già la protagonista, anzi: Erica era l’unico personaggio. Ma devo dire che è venuta fuori abbastanza facilmente e velocemente, quando poi è successa una cosa che ha cambiato tutto.

Siccome lei è una cacciatrice di mostri che va in giro per gli Stati Uniti cercando di mantenere un basso profilo, ho immaginato che volesse nascondere la sua identità quando caccia e, quindi, ho pensato di metterle una bandana.

Volevo darle qualcosa che avesse un senso anche un po’ supereroistico e che però fosse facile da portare e identificabile.

Pensando al personaggio, a quel qualcosa facile da portare, che alle brutte prendi e metti nello zaino, che non deve essere molto molto grossa, mi è venuta in mente una bandana e l’idea, da amante dei western, mi piaceva.

Mentre stavo disegnando una scena di combattimento in cui c’era Erica, ho pensato di aggiungere questi denti sulla bandana perché mi divertiva il pensiero di avere questa ragazza dal fisico molto asciutto che combatte contro dei mostri più grossi di lei facendo acrobazie pazzesche.

Ho pensato che fosse come se con questa maschera con disegnati sopra i denti da mostro, volesse spaventare a sua volta i mostri.

Quando ho mostrato a James gli studi del personaggio con la maschera e gli ho spiegato il concetto dietro, gli si è aperto un mondo e da lì il progetto è cresciuto in maniera esponenziale, già in fase di lavorazione. James è partito con la scrittura del primo numero e racconta che a metà della sceneggiatura del primo albo, aveva già capito che sei numeri non sarebbero bastati.

Così siamo passati a dieci numeri e poi da dieci a quindici, e al nono numero divenne una serie regolare.

PCN Il tuo stile è molto cambiato rispetto agli inizi: lo definirei cinematografico, anche per le inquadrature e la gestione della “telecamera”. Ed è diventato anche proprio un marchio di fabbrica ormai di Something Is Killing the Children. È stato un adattamento alle sceneggiature di Tynion o un’evoluzione naturale?

Werther Dell’Edera: È stata una necessità mia. Quando Eric Harburn, l’editor di SIKTC, mi ha contattato, aveva visto il mio lavoro su Il Corvo: Memento Mori, la serie che avevo fatto con Roberto Recchioni per IDW e Edizioni BD e gli era piaciuto molto.

Ma il lavoro che avevo fatto sul Corvo era ancora legato al mio stile classico: tanti neri e molto pennello. Quando ho iniziato a lavorare sul personaggio di Erica avevo già in mente di cambiare il mio stile perché era una cosa che avevo necessità di fare, che volevo fare da un sacco di tempo e così è stato.

La cosa “divertente” è che Eric mi aveva contattato perché aveva visto un certo tipo di stile che gli piaceva e io al primo numero gli ho dato un cosa completamente diversa [ride n.d.r.]. Però ha funzionato.

La mia idea era quella di andare a togliere, il nero. Nel frattempo avevo iniziato ad avvicinarmi alla pittura e questa cosa ha spostato di molto la mia concezione di inchiostrazione.

Da quel momento in poi ho deciso la mia strada, lo stile si è spostato completamente in questa direzione nuova che continuo a portare avanti ancora oggi. Adesso ogni tanto ci ributto dentro un po’ di neri qua e là, però alla fine li uso in maniera del tutto “punk“, nel senso che non mi importa e non penso alla coerenza stilistica. Se mi piace, ci sta e lo
faccio.

PCN – Prima dell’intervista, stavi dicendo che questo stile lo hai riportato anche su Green Lantern: Dark, il progetto DC su cui stai lavorando ora.

Werther Dell’Edera: Sì, lì ho cercato di mixare ulteriormente le cose per divertirmi. Perché divertirsi è la cosa principale per un artista. Quando lavoro mi devo divertire, altrimenti faccio davvero fatica.

PCN – A proposito di divertimento, che sfida e stimolo è stato per te creare un universo narrativo come quello di Something Is Killing the Children, a livello grafico e visivo, rispetto a un progetto per una major?

Werther Dell’Edera: All’inizio è stato uno ‘stimolo’ di totale paura, perché non mi ritengo un bravo character designer. I miei design sono minimali: vado sempre dritto al punto, senza fronzoli. Non mi piace girarci intorno alle cose, quindi sono abbastanza diretto e questa cosa si rispecchia anche nel mio disegno.

Ogni volta vedo design di altri artisti che sono pazzeschi, bellissimi, ricchissimi e penso “mi piacerebbe fare questa roba“. Poi però si materializza l’immagine di me che devo mantenere coerentemente pagina dopo pagina il design e inizio a sudare freddo. Quindi ecco l’idea di dover creare un character, mi mette sempre molto in agitazione.

Anche perché, in realtà, il grosso del lavoro di strutturazione del personaggio riesco a farlo sulla pagina quando ho anche una sceneggiatura sulla quale basarmi.

Se noti, dallo studio iniziale, un personaggio si evolve, soprattutto se è un personaggio ricorrente, piano piano a livello grafico dentro la storia.

PCN – Infatti, la stessa Erica è molto diversa nei numeri più recenti rispetto ai primi.

Werther Dell’Edera: Sì, più ci lavoro e più diventa “mia”. È una cosa naturale.

PCN – Prima hai detto di avere uno stile diretto, fatto di figure dal design minimale. Una cosa che a me ha sempre impressionato, sono le copertine di Something Is Killing the Children. Sin dalla prima cover, la cosa che mi ha subito attirato è la tua capacità nello spiegare esattamente quello che accade nella storia con una sola immagine. Facciamo l’esempio della cover del n. 1: Erica voltata verso questo bosco con tutti questi occhi che la fissano. E’ un qualcosa che attira il lettore e colpisce subito. La realizzazione delle cover, è frutto di uno studio molto approfondito o ti viene naturale?

Werther Dell’Edera: No, c’è tanto lavoro, con l’editor in primo luogo. Ne parliamo tantissimo e, anzi, molte volte le idee vengono direttamente da lui con direzioni ben precise. Comunque è un lavoro in team, a volte seguo le sue idee, altre volte sviluppo le mie. C’è tantissimo lavoro sulle copertine, perché anche in quel caso, non sono una qualcosa che mi viene facile.

Non mi reputo propriamente un illustratore, non ho neanche un’impostazione da grafico e quindi le mie copertine sono sempre un ibrido strano. Sono sempre un po’ narrative, ogni tanto tentano di essere grafiche, però insomma… sono un po’ un ibrido, che a volte funzionano e a volte no.

La storica cover di SIKTC #1

PCN – A livello di scrittura, Tinion IV ti ha coinvolto, nella prosecuzione del progetto, in alcune scelte narrative oppure ti ha lasciato sempre solo il compito di gestire l’aspetto grafico?

Werther Dell’Edera: James è l’architetto assoluto della storia: sa sempre dove sta andando. Ogni tanto ci confrontiamo su alcuni dettagli di ambientazione o altro. Per esempio per il secondo arco narrativo nel presente di Erica, l’ambientazione l’ho scelta io.

Il primo si svolgeva in una cittadina del nord ovest. Mentre per il secondo ho chiesto il Texas, da bravo patito di Western. Quindi abbiamo chiacchierato un po’ di questa cosa e  lui ha fatto tutto il secondo arco narrativo in questa cittadina immaginaria del sud degli Stati Uniti.

Oppure, ho chiesto a James di raccontare una storia sul perché Erica non usi le armi da fuoco.

PCN – Dalla serie madre si sono sviluppate diverse miniserie che vanno molto ad approfondire l’universo, anzi quello che è stato ribattezzato lo ‘Slaughterverse’. Sono previsti ulteriori spin-off che non parlino solo degli altri cacciatori delle varie ‘casate’ o vi concentrerete su quell’argomento per adesso?

Werther Dell’Edera: Sì, ci saranno altri spin-off perché sono utili, belli da fare nei vari formati, e ci aiutano ad ampliare ancora di più il mondo e il discorso sull’universo di Something Is Killing the Children, che sta diventando veramente complesso, ed è figo. Molto bello.

PCN – Tu hai la supervisione sulla parte artistica di questi volumi in alcuni casi?

Werther dell’Edera: Sì, sì, in linea di massima, sì. Io faccio sempre il character design di tutti i personaggi che appaiono in House of Slaughter o negli altri spin-off. Li ho creati io. In più lavoro sulle copertine.

Diciamo, non ho una supervisione artistica… ma scegliamo insieme con l’editor il disegnatore, che poi ha piena libertà espressiva.

PCN – E’ notizia di qualche mese fa, forse proprio al Comic-Con di San Diego, visto che siamo in tema, James Tynion IV ha dichiarato che la serie proseguirà almeno fino al numero 100, che è veramente un grande traguardo per un progetto creator-owned. Tanto di cappello a te e a lui per aver programmato questo tipo di obiettivo che raggiungerete. Avete già pianificato cosa accadrà fino ad allora e soprattutto in quel numero? Ci aspettiamo grandi cose. Insomma, dal numero 100… ci aspettiamo qualcosa di veramente importante!

Werther Dell’Edera: Guarda, parlando di traguardi, l’anno scorso abbiamo fatto cinque anni di lavorazione insieme su SIKTC. L’anno prossimo raggiungiamo il numero 50.

Ovviamente per quanto riguarda le storie non ti posso dire assolutamente niente, però sarà un numero importante, speciale, con una fogliazione extra. Sarà figo, sarà fighissimo.

PCN – E questo è quello che interessa: che sarà figo.

Werther Dell’Edera: Sì, decisamente. Inoltre entro l’anno prossimo ci saranno un’altra serie di annunci e di lavori nuovi riguardanti Something e sarà veramente emozionante da seguire [al NYCC 2025 è stato annunciato, per esempio, Swamp Thing/Something is Killing the Children n.d.r.].

Io non vedo l’ora, sono super eccitato. Sulla scorta di questo ti posso dire che evidentemente poi quando arriveremo al numero 100 saranno altri grandi festeggiamenti.

PCN -Visto che stai lavorando per DC su Green Lantern: Dark, c’è la possibilità di vederti su altri fumetti delle major? Se non puoi fare spoiler, non puoi fare anticipazioni, ci puoi dire anche solo un sì o un no.

Werther Dell’Edera: Sì.

PCN Perfetto, ci basta questo! Werther, grazie enormemente per il tuo tempo, è stata una chiacchierata davvero interessante. Attendiamo con ansia il numero 50 di Something Is Killing the Children e quindi la continuazione di questa epopea, che non vediamo l’ora di capire come andrà a finire, ma che speriamo duri ancora parecchi anni.

Werther Dell’Edera: Grazie a voi, davvero!


Werther Dell’Edera: biografia

Dopo il diploma al liceo classico si trasferisce a Roma dove frequenta la Scuola Romana dei Fumetti. Esordì come disegnatore nel 2003 realizzando la miniserie Road’s End, edita dalla Magic Press, alla quale seguirono le collaborazioni con la Eura Editoriale alle serie regolari Detective Dante e John Doe. Inizia poi a collaborare anche con editori statunitensi per i quali realizza inizialmente la serie western Loveless scritta da Brian Azzarello e pubblicata dalla Vertigo; seguono, sempre della Vertigo, collaborazioni alle serie House of Mystery, Greek Street e quelle del personaggio di John Constantine; lavora anche con la Marvel Comics per la quale ha collaborato a varie serie oltre a realizzare graphic novel come Spider-Man: Family Business. In Italia avvia una collaborazione con la Sergio Bonelli Editore alle serie Orfani e Dylan Dog e alla collana Le storie. Su testi di Tiziano Sclavi realizza nel 2019 il romanzo a fumetti Le voci dell’acqua edito in Italia da Feltrinelli. Dal 2019 è co-creatore insieme a James Tynion IV della serie Something Is Killing the Children, per la casa editrice Boom! Studios, in Italia pubblicata da BD Edizioni, questa serie vince nel 2022 il premio Eisner come miglior storia a puntate.

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Anyman vol. 1: Mirage porta in Italia il DeMultiverse di J.M. DeMatteis

Oggi parliamo di Anyman vol. 1 di J.M. DeMatteis, primo tassello del DeMultiverse che arriva finalmente in Italia grazie a Mirage Comics, dove il concetto del supereroe viene ribaltato dall’autore de L’Ultima caccia di Kraven

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Il fumetto supereroistico è stato analizzato in tutte le sue sfaccettature nel corso degli anni: dalla Golden Age e dagli eroi senza macchia, fino ai superumani tormentati degli anni ’80 e, più di recente, alle figure dell’antieroe o del supereroe che utilizza i propri poteri in modo dissennato e tutt’altro che eroico (qualcuno ha detto The Boys?).

Diversi scrittori si sono avvicendati al timone delle più grandi serie e alcuni hanno persino creato le loro personali versioni in opere creator-owned, concentrandosi chi più sul lato super e chi invece su quello psicologico.

E poi ci sono i grandissimi autori che riescono a bilanciare entrambi gli aspetti. Tra questi figura J.M. DeMatteis (L’Ultima Caccia di Kraven, JLI, Moonshadow, Spider-Man: Il bambino dentro), sceneggiatore che ha prestato la sua penna ai più grandi supereroi di DC e Marvel, ma che negli ultimi anni si è concentrato su un progetto personale chiamato DeMultiverse, pubblicato sotto l’etichetta statunitense Spellbound Comics.

All’interno di questo “multiverso dematteisiano” troviamo un’opera supereroistica intitolata Anyman, scritta dall’autore italo-americano e disegnata da David Baldeón, arrivata in Italia grazie a Mirage Comics, con un primo volume disponibile arricchito da una cover di Darick Robertson.

Prima di analizzare questo interessantissimo fumetto, che può essere definito la summa del pensiero di DeMatteis sulla sua esperienza nei comics supereroistici, è giusto spendere due parole sul DeMultiverse e su cosa sia.

DeMultiverse: 4 titoli, 4 storie diverse, un unico grande autore

Il Demultiverse è l’universo narrativo creato da J.M. DeMatteis, composto da quattro miniserie, ognuna ambientata in una realtà diversa ma legata alle altre da temi comuni: spiritualità, identità, destino e la natura stessa della narrazione. L’idea nasce dal desiderio di DeMatteis di esplorare mondi originali, non vincolati ai personaggi Marvel o DC, recuperando atmosfere e suggestioni che hanno sempre fatto parte del suo stile più personale, tra il mistico e l’intimista.

Le quattro opere che compongono il Demultiverse, Wisdom, Layla in the Lands of AfterGodsend e, appunto, Anyman. La forza di questo progetto è che le serie funzionano come storie autonome, ognuna con tono, genere e immaginario differenti, ma che tuttavia, sotto la superficie, condividono personaggi-chiave, concetti ricorrenti e una struttura che lascia intuire un disegno più ampio.

Il Demultiverse non è un crossover tradizionale, ma un ecosistema narrativo in cui ogni serie aggiunge un tassello a un mosaico più grande. È l’ambizione di DeMatteis di costruire un suo “multiverso personale”, unendo nuove mitologie e la poetica introspettiva che ha sempre caratterizzato la sua carriera.

Questo progetto è rimasto sino ad oggi inedito in Italia. Ora con Mirage Comics un ‘primo tassello’ arriva nel nostro paese ed è proprio Anyman.

Di cosa parla Anyman?

Direttamente dal sito della Mirage Comics, ecco la sinossi di Anyman  vol. 1:

Un eroe proveniente da un passato remoto è apparso per salvare un mondo in crisi. Per oltre cinquanta anni Anyman è stato il simbolo di ciò che l’umanità ha di più nobile. Ma ogni leggenda nasconde un segreto… e tutto ciò che sappiamo di lui potrebbe essere una menzogna. Chi è davvero Anyman? O meglio: chi sono gli Anyman? Quale oscuro progetto si cela dietro la sua esistenza? E chi è la creatura che minaccia di distruggere tutto? Tra verità dimenticate, pericolosi segreti e una battaglia che scuote i confini del tempo, Anyman riscrive il mito dell’eroe… mostrandone il volto più inatteso e terribile.

Anyman è l’eroe arrivato dal passato per proteggere l’umanità: è ciò che emerge nelle primissime pagine del volume, in cui DeMatteis introduce una backstory didascalica sul protagonista, chiara e immediata.

Ma dietro la sua figura si nasconde qualcosa di più oscuro e inatteso. Pagina dopo pagina, la trama si fa più limpida e quella che sembrava una convenzionale storia supereroistica si trasforma in un racconto drammatico e stratificato, rivelando il segreto e i personaggi chiave dietro il più grande eroe del pianeta: Anyman è frutto di un esperimento e dopo un anno l’ospite che veste i panni dell’eroe muore, per lasciare spazio al suo successore.

Grande merito va alla classe di DeMatteis, da sempre capace di prendere i supereroi, decostruirli, metterli in condizioni emotivamente e psicologicamente complicate e mostrarne il lato più intimo.

Anyman non è da meno: i vari “Anyman” che si susseguono nel tempo condividono lo stesso volto, ma possiedono personalità diverse, e ciò si riflette profondamente sull’evoluzione della trama e dei personaggi.

In particolare, DeMatteis dimostra ancora una volta la sua abilità nel creare figure dalla forte caratterizzazione psicologica, capaci di evolvere costantemente. E se il protagonista è (sono?) Anyman, è impossibile non citare la dott.ssa Ajeeta Natu, figura chiave del primo volume: inizialmente personaggio secondario, devota al padre (lo scienziato Jihan Natu) e al progetto Vishnu, cresce pagina dopo pagina fino a diventare il fulcro della storia, arrivando quasi a oscurare Anyman nelle pagini finali del vol. 1.

DeMatteis omaggia il fumetto super, ripercorrendo la sua carriera

Ciò che emerge dalla lettura di Anyman è l’immenso amore di DeMatteis per il fumetto supereroistico, un genere che lo ha visto impegnato per decenni nella scrittura di alcune delle storie più iconiche dei personaggi chiave delle major.

Libero dai “paletti” imposti da figure con una lunga storia editoriale, DeMatteis dà qui libero sfogo alla fantasia, realizzando un’opera che racchiude gran parte della sua poetica sul genere.

Chi conosce l’autore noterà una certa somiglianza tra il progetto Vishnu e quello del dottor Miles Warren (alias Lo Sciacallo) legato alla Saga del Clone di Spider-Man, in particolare nella figura di Kaine, clone tormentato e complesso cui DeMatteis è sempre stato molto legato. Non sorprende, quindi, ritrovare echi di quelle dinamiche in personaggi come Costas Drakos.

Una summa, un trattato, quasi un saggio a fumetti sul genere: con Anyman, DeMatteis rende omaggio ai comics cercando di coglierne gli aspetti migliori e proiettarli all’interno della sua opera più personale.

Baldeón porta un tratto classico e dinamico all’interno di Anyman

Il comparto artistico di Anyman è affidato a David Baldeón, artista spagnolo dal tratto accademico e classico che si sposa molto bene con la storia raccontata nel volume. Baldeón dà il meglio di sé nelle scene d’azione, più che in quelle basate principalmente sul dialogo. È infatti durante i combattimenti che l’artista appare davvero ispirato, grazie a inquadrature quasi cinematografiche e a duelli fluidi e dinamici. Personalmente non conoscevo l’artista, ma ritengo che abbia offerto una buona prova nelle due storie che compongono il volume primo di Anyman.

Perchè leggere Anyman?

Anyman è una lettura interessante che propone un punto di vista diverso sul concetto di supereroe, ma senza dubbio il motivo principale per affrontarla è chi la scrive.

J.M. DeMatteis è uno sceneggiatore che sa il fatto suo, con un’enorme esperienza e con nel suo DNA storie coinvolgenti e popolate da personaggi dalla forte personalità.

A pubblicarlo è Mirage Comics, una casa editrice che sta selezionando con cura proposte editoriali internazionali di alto profilo, inspiegabilmente mai arrivate prima in Italia. Finora Mirage ha sbagliato davvero poco, grazie a una scelta oculata di titoli presentati in cartonati dal buon compromesso qualità/prezzo.

E poi… quel cliffhanger finale. Una spinta in più per continuare la lettura e attendere il secondo volume di Anyman!


VOTO POPCORNERD: 7/10

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Rafa Sandoval, l’artista che ha rinnovato Superman rendendolo… Assoluto

Durante la Milan Games Week abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Rafa Sandoval, apprezzato artista spagnolo e attuale disegnatore di Absolute Superman

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Immaginate di essere uno dei talenti della DC Comics e vi dicono “dobbiamo rinnovare il mito di Superman e deve essere qualcosa di mai visto“. Quanti andrebbero in difficoltà, desistendo da quella che risulta un’impresa impossibile? Probabilmente tanti, ma non Rafa Sandoval.

L’artista di Granada è l’artefice, insieme allo scrittore Jason Aaron, della nascita di un nuovo corso per l’Uomo d’Acciaio… un Superman Assoluto (non a caso la testata si intitola Absolute Superman).

Con il suo tratto dinamico, Rafa non solo sta contribuendo a ridefinire il personaggio dell’Azzurrone, ma ha ricreato visivamente un intero universo narrativo intorno a Kal-El, partendo dal suo pianeta natale, Kripton, mai, prima d’ora, esplorato così in profondità come sta facendo attualmente l’artista nella serie Absolute Superman.

Ospite alla Milan Games Week 2025, Rafa Sandoval ci ha concesso alcuni minuti per parlarci di quello che è stato il processo creativo che ha portato alla nascita di Absolute Superman, raccontandoci anche le difficoltà che ha riscontrato agli inizi e anche quanto gli piaccia disegnare alcuni personaggi, così come empatizzi meno con altri.

Su PopCorNerd, Rafa Sandoval, l’artista che ha reso Superman… Absolute!


Rafa Sandoval si racconta: il suo Superman, simbolo di speranza e lotta

PCN: Ciao Rafa, grazie mille per averci dedicato un po’ del tuo tempo e benvenuto su PopCorNerd! Sei senza ombra di dubbio uno dei disegnatori del momento in casa DC Comics, essendo il disegnatore regolare di Absolute Superman, una delle testate di punta. Ma all’inizio della tua carriera hai lavorato principalmente per Marvel, soprattutto su storie ambientate nel primo Ultimate Universe. Che cosa puoi raccontarci di quel periodo?

Rafa Sandoval: Beh, per me quel periodo, considerando che ero piuttosto agli inizi della mia carriera, è stata una vera e propria fase di apprendimento. È stato quello che definirei il percorso necessario per diventare l’autore che, più o meno, sono oggi. È stato un continuo imparare: commettere errori, capire come risolverli, capire come essere più efficiente in generale… È stato imparare davvero cosa significa essere un autore e come affrontare i problemi.

Ultimate Hawkeye by Rafa Sandoval

PCN: Arriviamo a Absolute Superman. Immagino la scena: la DC ti chiama e ti dice “Disegnerai Absolute Superman, e a scriverlo ci sarà Jason Aaron”. È andata (quasi) così? E soprattutto: quali sono state le tue prime sensazioni quando hai saputo che avresti disegnato Superman e che saresti stato affiancato da un autore come Aaron?

Rafa Sandoval: [risata n.d.r.] Più o meno è andata proprio così. Inizialmente me lo hanno proposto e io ho accettato perché ero in attesa di un nuovo progetto. Non avevo un incarico fisso su cui lavorare in quel momento; me lo hanno offerto e l’idea mi è piaciuta subito. E poi considerando che lo sceneggiatore sarebbe stato Jason Aaron, di cui sono un grandissimo fan, quello ha pesato per il 60% sulla decisione. Per il resto, si tratta di Superman, che tra l’altro è anche il mio personaggio preferito, quindi il “sì” era praticamente scontato.

Absolute Superman: l’Uomo d’Acciaio del nuovo millennio

PCN: Su Absolute Superman hai realizzato un vero restyling del costume di Kal-El: il mantello, il colore del costume, i poteri, e persino la “S” enorme sul petto, che sembra quasi voler sottolineare quale sia la sua missione e, al contempo, intimorire i nemici. Come è nato il nuovo costume di Absolute Superman?

Rafa Sandoval: Ho iniziato a lavorare sul design partendo da un modello di Rafael Albuquerque che mi aveva fornito DC.

Gli studi iniziali di Rafael Albuquerque

Il mio compito era rifinirlo, capire meglio l’idea della redazione, ciò che volevano Jason e gli editor. Per me era fantastico poter ridisegnare il personaggio, ma allo stesso tempo mi preoccupava molto, perché si trattava di un personaggio estremamente conosciuto. Probabilmente Superman è il personaggio più famoso da quando esistono i supereroi, e questo mi metteva ansia.

Quindi ho proposto una riunione in cui fossimo tutti presenti per chiarire i dubbi: non sapevo se stavo andando nella direzione giusta. Dopo quella riunione, in cui tutte le mie perplessità sono state sciolte, ho potuto lavorare sul design in modo più sereno e ho capito davvero l’idea generale. Da lì è stato più semplice, anche se avevo sempre molto chiaro un punto: creare qualcosa di nuovo, ma che fosse comunque riconoscibile come Superman.

Dovevi poter vedere elementi diversi dal Superman classico, ma allo stesso tempo capire subito che era lui, perché alcuni tratti iconici dovevano essere mantenuti. Una volta chiarito questo, ho proseguito il lavoro e tutto è filato liscio. Per me è stato davvero un onore poter ridisegnare il personaggio.

PCN: Il Superman classico è simbolo di speranza e incarna principi morali molto saldi. Che tipo di Superman è il tuo Kal-El? Incarna ancora la speranza?

Rafa Sandoval: Beh, speranza e lotta. Considera che proviene da una famiglia che, sul suo pianeta, era in qualche modo disprezzata e che faceva parte della classe più bassa. Era considerata “il peggio del peggio”. Non era facile per loro vivere sul loro stesso pianeta. E viene da lì. Ciò che adoro di questa nuova versione è che hanno preso un personaggio che non fa parte dell’élite. È un eroe, un combattente, un sopravvissuto. È un eroe perché deve sopravvivere e deve lottare. È questo ciò che mi affascina di lui.

PCN: Nei primi numeri, Absolute Superman si concentra sul passato su Krypton, un pianeta molto diverso da quello raccontato nell’universo DC classico. Per la prima volta viene esplorato davvero anche dal punto di vista dell’architettura, dei costumi, della tecnologia. Quali sono state le maggiori difficoltà nel creare da zero questa nuova Krypton?

Rafa Sandoval: È stato difficile perché ho lavorato un po’ contro il tempo. Cioè, avevo tempo, ma non così tanto. All’inizio è stato complicato, ma dopo varie riunioni in cui volevo chiarire alcuni punti, ho preso una decisione. Ne abbiamo parlato e all’editore è sembrata una buona idea: creare un mondo diverso, con una tecnologia diversa, ma non troppo diversa dalla nostra. Perché? Perché l’intenzione era creare un mondo inquinato, con classi sociali molto definite e simile alla Terra.

La mia intenzione era mostrare una tecnologia superiore a quella terrestre, ma non radicalmente differente, qualcosa di simile al futuro della Terra. Così, quando Superman sarebbe arrivato qui, sulla Terra, non ci saremmo chiesti come avrebbe fatto ad adattarsi: si sarebbe adattato perché tutto gli sarebbe risultato comprensibile. Arrivava sulla Terra e vedeva chi lavorava nelle miniere, che tecnologia veniva usata, e capiva che anche qui non si trattava di una tecnologia “pulita”.

Quindi abbiamo creato una tecnologia sporca, grezza, molto squadrata, senza linee morbide, senza lucidature, senza cristalli splendenti… niente di tutto ciò. Molto artificiale. Se mettessi un edificio di quella Krypton in un bosco o una foresta, sarebbe come un pugno in un occhio e stonerebbe.

Il pianeta Kripton di Absolute Superman

PCN: Da cosa hai tratto ispirazione per le caste e i costumi dei Kryptoniani?

Rafa Sandoval: Per i costumi dell’élite volevamo linee chiare, pulite, design voluminosi che rappresentassero immediatamente la tipologia di casta. Ho cercato ispirazione nella moda più appariscente e sfarzosa possibile, mescolata con qualche idea presa dai videogiochi.

Per i vestiti della casta più bassa, invece, ho cercato abiti da lavoro: cose molto pratiche, che non devono essere belle o eleganti. Devono farti pensare: “Questa persona sta lavorando”. Perché sì, quella era l’idea.

PCN: Jason Aaron ha detto in un’intervista che, rileggendo le vecchie storie di Siegel e Shuster e riflettendo sul perché avessero creato il personaggio in quel modo, si è sentito come se stesse “ricreando” Superman nel 2024. Pensi che abbia ragione? Ti senti un po’ lo Shuster del 2024/25?

Rafa Sandoval: Non mi piace paragonarmi a nessuno. Però, con le doverose premesse e distanze, direi di sì, più o meno. Perché è una vera e propria creazione, un’innovazione. Le persone sono abituate alla stessa storia di sempre: il piccolo Superman spedito dai genitori sulla Terra… E creare questa storia, che si allontana da quella tradizione, per me è appassionante.

Io stesso sto ancora scoprendo il personaggio mentre lavoro su di lui. A volte penso: se dovessi sopportare la distruzione del mio pianeta, della mia famiglia, e poi vivere in un altro mondo dove nessuno ti comprende o sa cosa ti è successo… credo che una mente in quella situazione sarebbe totalmente devastata, frantumata. E la storia di Superman, in questa serie, riguarda proprio il ricostruire tutto quel dolore e diventare una persona completa.

Amo molto questa visione.

PCN: Qual è stato il personaggio che ti ha divertito di più disegnare, e quale invece ti ha dato più difficoltà? (Krypto compreso!)

*ATTENZIONE SPOILER SU ABSOLUTE SUPERMAN #5

Rafa Sandoval: Oh, beh, Krypto lo adoro. Nel numero cinque è stata dura perché il pianeta esplode, muoiono i genitori… e muore anche lui. E mi è spiaciuto molto, perché era un personaggio con cui mi divertivo davvero e mi piaceva disegnarlo.

Oltre a Krypto, il personaggio con cui mi diverto di più, perché mi fa passare bei momenti, è Jimmy Olsen. È molto comico, dà un tocco di umorismo alla storia e mi piace perché mi permette di cambiare completamente registro. Fare pagine molto serie e poi passare a qualcosa di comico… mi piace questa alternanza. E naturalmente mi piace molto anche Superman.

Quello che meno… non è che non mi piaccia, ma forse mi risulta un po’ più difficile a entrare in sintonia è Lois Lane. Ho fatto fatica a “trovarla”. Spesso ci vuole un po’ per cogliere l’essenza di un personaggio, e quella con cui ho faticato di più è stata Lois. Però è normale…

PCN: Abbiamo terminato! Grazie ancora molto per il tuo tempo Rafa e alla prossima.

Rafa Sandoval: Grazie mille a voi. Ciao!


Rafa Sandoval: biografia

Rafael “Rafa” Sandoval è nato a Granada, in Spagna, nel 1975.

Il suo esordio nel fumetto avviene nel 2007: lavora per Marvel Comics, contribuendo a serie come Adventures: Iron Man, Avengers, X-Men, Captain America, Wolverine e Hulk, e per Valiant Comics con titoli come X-O Manowar e Harbinger. Nel 2015 pubblica per l’editore francese Le Lombard il volume The Prometheans, edito in Italia da Panini Comics con il titolo I figli di Prometeo – Riunione di Famiglia.

La sua carriera decolla però con DC Comics, con cui inizia a collaborare nel 2014. Per la casa editrice di Superman, Batman e Wonder Woman realizza alcune tra le più apprezzate gestioni di The Flash e Hal Jordan and the Green Lantern Corps, grazie al suo stile dinamico e dettagliato. Tra i suoi lavori più recenti figurano Teen Titans Academy, Suicide Squad, Black Adam e l’evento Crisi Oscura sulle Terre Infinite, in cui firma anche Justice League #75 – The Death of the Justice League, numero in cui il celebre supergruppo di eroi incontra il proprio destino dando il via all’evento. Dopo aver lavorato come disegnatore di Action Comics, Sandoval è oggi al lavoro su Absolute Superman, sui testi di Jason Aaron.

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News from the Fallout di Chris Condon e Jeffrey Alan Love

La recensione di News from the Fallout, la mini serie di Chris Condon e Jeffrey Alan Love, pubblicata da Image Comics

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News from the Fallout di Chris Condon e Jeffrey Alan Love

News from the Fallout è una mini-serie di sei numeri, con il primo pubblicato da Image Comics nel giugno 2025. La serie appartiene al genere sci-fi/horror ed era particolarmente attesa per il suo stile grafico distintivo. La pubblicazione del volume trade paperback è prevista negli Stati Uniti per marzo 2026.

News from the Fallout Trade Paperback

News from the Fallout trade paperback

Il team creativo

Ma chi sono i due nomi dietro questa storia? La sceneggiatura è a cura di Chris Condon (That Texas Blood, The Enfield Gang Massacre, Ultimate Wolverine) mentre ai disegni troviamo Jeffrey Alan Love (The Last Battle at the End of the World, The Thousand Demon Tree). Il duo è accompagnato dal lavoro del letterista Hassan Otsmane-Elhaou.

La trama

Nel Nevada del 1962, un test nucleare finisce terribilmente male e rilascia nell’atmosfera un agente contaminante che rende le persone “marce”. Otis Fallows, soldato dell’esercito statunitense presente all’esplosione e unico sopravvissuto, fugge dalla base segreta in cerca di un rifugio sicuro… ma un posto del genere esiste davvero?

Una storia interessante che soffre nel reparto grafico

La vicenda inizia come un racconto post-apocalittico, ma una volta raggiunta la rivelazione nel finale – non farò spoiler – si trasforma in tutt’altro. La capacità di Condon di sviluppare trame complesse è strabiliante e in News from the Fallout conferma questa sua dote, mostrando di essere “un talento naturale” nel genere.

La narrativa si sviluppa attraverso flashback che aggiungono sempre più contesto agli avvenimenti del presente, e ho apprezzato questo dosaggio dei dettagli sui personaggi. Un esempio lo troviamo nel terzo numero: fuori dall’Old Joe’s Diner la situazione precipita nel caos, ma il racconto del disastro viene messo in pausa per dare spazio a un flashback che aiuta il lettore a comprendere meglio Charlie, uno dei protagonisti principali.

Tavola tratta da News from the Fallout, issue 3

Tavola tratta da News from the Fallout, issue 3

Per quanto riguarda l’artwork, mentirei se dicessi che mi è piaciuto tanto quanto la sceneggiatura. Lo stile grafico di Jeffrey Alan Love, pur armonizzandosi con la tensione e il tono oscuro della vicenda, a volte si pone come ostacolo e distrae dal racconto. La natura stessa dei disegni, che richiama fortemente lo spettacolo di un teatro delle ombre, non aiuta il lettore a seguire ciò che accade, specialmente nei momenti più concitati. Sono sicuro che questo stile grafico, pur non sposandosi perfettamente con la trama in questione, sia interessante e molto più adatto a racconti dalla struttura meno complessa.

Purtroppo, però, il finale mi è sembrato un po’ frettoloso: si percepisce un’accelerazione nelle ultime due pagine, qualcosa a cui Condon non ci aveva abituato con i numeri precedenti.

Giudizio finale

News from the Fallout è una mini-serie sci-fi horror che offre una trama cupa quanto interessante, ma che soffre delle scelte tecniche nel reparto grafico, con un artwork di Alan Love che non si sposa al meglio con la storia che Condon vuole raccontare, ma che sarebbe un match perfetto per storie con trame più lineari.


VOTO POPCORNERD: 5.0/10

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